il manifesto 28.2.16
Pronti i quattro quesiti del referedum contro la «Buona Scuola»
Strategie. Abolizione dello «school bonus», dell'alternanza scuola-lavoro, del preside-manager e della valutazione del merito
Il
13 marzo a Roma un'assemblea lancerà una nuova stagione referendaria:
insieme alla scuola, altri quesiti "No Trivelle" e sull'acqua pubblica
di Roberto Ciccarelli
ROMA
Dopo mesi di incertezze e studio, i quattro quesiti del referendum
contro la «Buona scuola» di Renzi sono pronti. Il comitato promotore ha
finalmente sciolto le riserve e ha varato un percorso che si propone di
abolire alcune delle parti più pericolose della «legge 107», ribadendo
un contrasto «fiero alla visione aziendalistica accolta dalla legge».
La
«riforma» ha scatenato, pochi mesi prima della sua approvazione
parlamentare imposta a colpi di fiducia dal governo, una vasta
opposizione nelle scuole e tra i docenti. L’opposizione si è indebolita
dopo l’estate, mentre i sindacati non hanno trovato un modo per
proseguire la mobilitazione. Nei mesi estivi, Possibile di Civati ha
provato a raccogliere le firme per un referendum, sostenendo la
necessità di celebrarlo nel 2016, ma non è riuscito a raccogliere le 500
mila firme necessarie per presentare i suoi quesiti. L’iniziativa ha
prodotto alcune polemiche sulla tempistica e le modalità politiche e
giuridiche scelte dall’ex deputato del Pd. In un’assemblea tenuta nel
settembre 2015 a Bologna il fronte ampio oggi raccolto nel comitato
promotore del nuovo referendum ha scelto di individuare con più cura i
quesiti all’interno di una mobilitazione referendaria complessiva contro
le politiche renziane.
Dopo un’assemblea, tenuta a Napoli lo
scorso 7 febbraio e un’altra riunione tenutasi sabato 27, il progetto
sembra ormai essere stato delineato. Il referendum contro la «Buona
scuola» si inserisce in una «campagna referendaria allargata e plurale»
che sarà lanciata a Roma in un’assemblea il prossimo 13 marzo. Previsto
un altro referendum per fermare gli incentivi alla privatizzazione
dell’acqua e dei servizi pubblici locali; uno per cambiare le politiche
ambientali a partire dalle trivellazioni petrolifere in terra e mare.
Manca, al momento, il referendum più volte annunciato sul Jobs Act. A
questi referendum si affida la speranza di «rafforzare la mobilitazione
sociale» portata avanti in autonomia dai movimenti. «Referendum capaci
di coinvolgere direttamente le persone e di disegnare un altro modello
sociale rispetto a quello delineato da Renzi».
Quello contro la
legge 107 sarà sostenuto dai sindacati della scuola (Flc-Cgil, Cobas,
Gilda, Unicobas, Sgb e Cub); studenti (Uds, Link) e associazioni (Lip
scuola, Retescuole) che, insieme a molti altri, sostengono il lavoro di
una pattuglia di costituzionalisti che hanno elaborato i quattro
quesiti. Si parte dallo «school bonus» e si chiederà ai cittadini di
cancellare «un beneficio di fatto riservato alle scuole private».
Secondo i promotori del referendum «le erogazioni liberali non dovranno
più essere riservate alle singole scuole ma all’intero sistema
scolastico». C’è infatti il rischio che «le scuole private sfruttino
tali meccanismi per eludere le tasse su una parte delle rette».
Il
referendum mira ad abolire il «preside-manager», una delle principali
novità del contestato provvedimento: è stata trovata la formulazione per
abrogare la chiamata diretta degli insegnanti da parte del dirigente
scolastico sugli ambiti territoriali per incarichi di insegnamento solo
triennali. Il terzo quesito riguarda l’alternanza scuola-lavoro: si
vuole abrogare l’obbligo delle 200 ore di tirocinio nei licei e delle
400 ore nei tecnici-professionali e si promuove la libertà delle scuole
di organizzare le attività, «come sempre hanno fatto» precisano i
promotori. Infine c’è la valutazione del merito da parte del dirigente
scolastico. I cittadini potranno esprimersi sull’abrogazione dei commi
della legge per ripristinare le funzioni precedenti del comitato di
valutazione. Il 2016 e il 2017 sarà dunque un biennio referendario. A
ottobre si terrà il referendum confermativo sull’Italicum.