martedì 8 marzo 2016

Corriere 8.3.16
Grandi trasformazioni E democrazie in pericolo
risponde Sergio Romano

Der Spiegel ha pubblicato nel suo ultimo numero il risultato di una regolare ricerca della Fondazione Bertelsmann secondo la quale il numero di dittature o dei regimi autocratici nel mondo è aumentato negli ultimi due anni. Mi rendo conto che queste ricerche lasciano il tempo che trovano. Eppure, il momento è pessimo, anche tra i Ventotto.
Lei teme per la stabilità delle democrazie europee? Se la sente di escludere nuovi conflitti in Europa?
Piero Heinze

Caro Heinze,
Non ne sono sorpreso. Stiamo attraversando una fase di grandi trasformazioni, quasi tutte collegate al fenomeno della globalizzazione. La spettacolare crescita dell’Asia negli ultimi decenni ha enormemente esteso l’orizzonte economico delle imprese. Le nuove scoperte e le nuove tecnologie hanno allungato la vita umana, ma straordinariamente ampliato il raggio d’azione di una malattia infettiva. Hanno drasticamente ridotto le distanze geografiche, con grande vantaggio del turismo e degli affari, ma ci hanno avvicinato ad aree geografiche da cui masse umane fuggono per sottrarsi alle guerre e alla fame. Hanno enormemente aumentato la nostra personale produttività, ma hanno fatto strage di molti vecchi mestieri che formavano, tutti insieme, la spina dorsale delle nostre società. Hanno accelerato la circolazione delle informazioni, ma hanno creato un teatro globale nel quale siamo continuamente ansiosi spettatori di tutte le tensioni che agitano quotidianamente il pianeta. Queste trasformazioni hanno influito sulla distribuzione della ricchezza nel mondo e nelle singole nazioni. Pochi sono diventati enormemente ricchi e molti, proporzionalmente, sempre più poveri.
Come ogni grande passaggio storico anche questo deve essere gestito e guidato. Può essere ordinatamente governato con le regole che le società occidentali hanno messo a punto nel corso degli ultimi secoli? Le migliori democrazie sono impegnate a evitare che la somma dei malumori si traduca in voti di rabbia e che su questo terreno crescano le male piante dei demagoghi. Ma il fenomeno Trump dimostra che anche in una vecchia e collaudata democrazia una middle class sempre più povera e frustrata può essere irretita e sedotta da un potenziale dittatore. Non è difficile immaginare che cosa possa accadere là dove le radici della democrazia sono fragili e meno profonde.
Anche l’Europa, caro Heinze, ha i suoi Trump, quasi tutti rafforzati dalla bandiera razzista e xenofoba che hanno innalzato durante la crisi dei profughi. Una ragione di più per fare di questa crisi una prova di esame per le nostre democrazie.