Corriere 24.3.16
I rischi multiculturali e la critica della xenofobia
risponde Sergio Romano
Ritengo
che il professor Giovanni Sartori sia uno studioso non xenofobo; eppure
nel 2000 ha pubblicato un saggio intitolato Pluralismo,
multiculturalismo e estranei dove critica chi confonde il
multiculturalismo con il multietnico. Anche lei l’8 settembre 2011
scriveva che «un certo multiculturalismo è certamente fallito». Ora
scrive che «xenofobia e islamofobia con il loro linguaggio razzista,
sono patologie europee». Ha cambiato idea o si è adattato al
prevalere degli articolisti «politicamente corretti»?
Vito Barboni
Caro Barboni,
Nonn
credo di avere cambiato opinione. Sono sempre stato convinto che nel
multiculturalismo vi fosse una minaccia per lo Stato liberale. Se
riteniamo che una minoranza etnico-religiosa sia titolare di diritti in
quanto «comunità», noi finiamo inevitabilmente per conferire un potere a
coloro che riescono ad assumerne la rappresentanza. Sono spesso persone
animate dalle migliori intenzioni. Ma saranno, anche se in misura
diversa a seconda della loro personale formazione, gelosi custodi delle
tradizioni culturali e religiose del piccolo popolo di cui sono
diventati i leader; e saranno sempre interessati a impedire che il loro
gregge si disperda all’interno della società occidentale. Quanto più i
loro «sudditi» etnici e religiosi saranno attratti dai costumi e dalle
credenze del Paese in cui vivono, tanto minore diverrà il loro potere di
rappresentanza. Quando il Regno di Sardegna, nel 1848, abolì le
interdizioni israelitiche che avevano limitato sino ad allora le libertà
degli ebrei, fra coloro che accolsero il provvedimento con diffidenza e
ostilità vi furono i rabbini delle piccole comunità ebraiche
disseminate nel territorio piemontese per cui la chiusura del ghetto era
sinonimo di assimilazione.
Negli ultimi decenni, grazie alle
dimensioni delle ondate migratorie provenienti dal mondo arabo
musulmano, il fenomeno è stato paradossalmente incoraggiato dai governi
occidentali. Sapevano che l’influenza di alcuni imam, soprattutto se
aiutati finanziariamente dalle correnti religiose più radicali del
Golfo, poteva essere perniciosa, ma ritenevano che fosse utile allo
Stato disporre di interlocutori con cui affrontare problemi urgenti di
convivenza e sicurezza. Siamo diventati prigionieri di un sistema che
non contribuisce a trasformare l’immigrato nel libero cittadino di una
società liberale.
Non credo che vi sia contraddizione, tuttavia,
tra questa critica del multiculturalismo e la denuncia di fenomeni
europei come la xenofobia e l’islamofobia. Non è necessario essere
multiculturalisti per considerarli patologie. Basta essere liberali .