Corriere 2.3.16
Adozioni gay, quando la legge viene riscritta dai magistrati
La politica si ferma, i magistrati vanno avanti.
Il tribunale di Roma ha autorizzato un’adozione «incrociata» di due bimbe
a
favore di due mamme, una coppia omosessuale convivente da oltre dieci
anni. La sentenza è stata resa possibile dalla cosiddetta stepchild
adoption contenuta in una legge del 1983, norma che il Senato ha
stralciato dalla legge sulle unioni civili
Riparte lo scontro fra Pd, centristi e Cinque Stelle. Alfano: no alle adozioni
per le coppie omosessuali.
di Alessandra Arachi
ROMA
La sentenza di ieri segna un altro passo nella storia delle adozioni da
parte di coppie omosessuali. Il tribunale di Roma ha autorizzato
un’adozione «incrociata» di due bimbe a favore di due mamme, una coppia
omosessuale convivente da oltre dieci anni. Le due donne hanno partorito
una figlia a testa: oggi le bimbe hanno rispettivamente otto e quattro
anni, il loro concepimento è avvenuto grazie al seme di donatori in una
tecnica di fecondazione assistita fatta in Danimarca.
La politica
si ferma, i magistrati vanno avanti. La sentenza segue la stepchild
adoption contenuta in una legge del 1983, quella norma che il Senato ha
stralciato all’ultimo momento dalla legge sulle unioni civili. Non è la
prima volta: la prima stepchild per coppie omosessuali è stata
autorizzata, sempre dal tribunale di Roma, nel 2014 e già confermata in
appello nel dicembre del 2015. Ma già nel 2013 la Cassazione aveva detto
che «solo il pregiudizio dice che è dannoso per un bambino vivere con
una coppia omosessuale». E ancora il tribunale di Palermo, sempre nel
2013 aveva detto che «l’orientamento sessuale dei genitori non incide
sul legame instaurato». E il tribunale di Roma aveva deciso in un altro
caso per il sì, «perché conta la qualità delle relazioni affettive». Ora
è la prima volta che ciò avviene per un’adozione «doppia». Quello che
la politica ha deciso di bloccare in Parlamento, avanza nei tribunali.
Le
bimbe, tuttavia, vivranno un paradosso: avranno lo stesso cognome,
ottenuto sommando i cognomi delle due mamme. Ma secondo la legge non
potranno essere considerate sorelle. E non potranno quindi avere legami
di parentela con i nonni o gli zii o i cugini della loro mamma non
biologica. Quella mamma che in termini giuridici viene chiamata
«genitore sociale».
Tutto questo per via di un codicillo: la
lettera «d» del primo comma dell’articolo 44 della legge 184 del 1983. E
non già della lettera «b», così come era stato invece previsto dalla
stepchild adoption contenuta nell’articolo 5 poi stralciato dalla legge
sulle unioni civili.
Cosa cambia lo spiega Marco Gattuso, giudice a
Bologna e direttore del portale articolo 29: «La lettera “d” è una
norma residuale della legge che non prevede l’equiparazione della coppia
al matrimonio, a differenza della lettera “b” che invece la prevede e
così i giudici con le norme vigenti non la possono prevedere per gli
omosessuali perché contiene la parola “coniuge”».
Le bimbe non
possono essere sorelle, però sono figlie, a tutti gli effetti. «La prima
stepchild adoption è di dieci anni fa circa: venne autorizzata per
coppie eterosessuali», dice ancora Marco Gattuso. E aggiunge: «La prima
stepchild per coppie dello stesso arriva invece nel 2014 e il tribunale
non avrebbe potuto negarla perché avrebbe compiuto una discriminazione
di tipo sessuale, condannata dalla Costituzione e dalla Corte europea di
Strasburgo con una sentenza del 2012 ai danni dell’Austria perché
prevedeva la stepchild per coppie etero e non per coppie omosessuali».
Sono
state le associazioni Famiglie Arcobaleno e Rete Lenford a rendere noto
questo caso, le stesse che hanno promosso e seguito la vicenda dal
punto di vista legale. E adesso esultano: «L’adozione incrociata
accordata a ciascuna partner della coppia assume un significato
particolare valorizzando l’intreccio dei rapporti genitoriali e dei
legami familiari».
Sulla sentenza sono invece calate le proteste
del popolo del Family Day. Su tutte la voce di Filippo Savarese: «Ci
appelliamo alla Cassazione perché ristabilisca lo Stato di diritto».