Corriere 12.3.16
Cofferati: ora o mai più
C’è tanto spazio a sinistra per un nuovo soggetto
intervista di Marco Imarisio
«Ci
sentiamo dopo». Sergio Cofferati risponde al telefono mentre si
appresta a presentare «La repubblica delle giovani marmotte», ultima
fatica politico-letteraria di Paolo Cirino Pomicino, presente l’autore,
in una libreria di Genova. La circostanza è frutto di un semplice caso
ma si può anche prestare a diverse interpretazioni, più o meno benevole.
Va comunque dato atto al diretto interessato di essere il primo a
sorriderne. «Siamo diversi, ma la sua critica alla politica fatta solo
di messaggi e comunicazioni online mi trova completamente d’accordo».
A proposito di Napoli e dintorni, ha consigli per Antonio Bassolino?
«Il
suo caso è simile al mio, ovvero alle primarie per le Regionali liguri:
non più prove di democrazia ma occasioni per forzare ipotesi
politiche».
E quindi che fare?
«Il Pd ha ormai virato al
centro perdendo per strada i valori che definiscono la sinistra. Il
processo è irreversibile. Bisogna solo prenderne atto. Io l’ho fatto, e
me ne sono andato».
Cosa le suggerisce l’uguale sorte riservata a due ex grandi speranze dell’allora Pds come lei e Bassolino?
«Solo
amarezza. Io e Antonio, dal Pci fino al Pd, siamo sempre stati su
posizioni diverse. Lui ingraiano, io amendoliano, e via discutendo. Ma
vederlo sbeffeggiato, leggere le parole volgari di Matteo Orfini, pare
sia il presidente del Pd, conferma che all’interno di quel partito ci
sia un enorme problema di civiltà politica e di rispetto delle persone e
delle idee».
A sinistra del Pd, se non ora quando?
«Adesso.
Questo è il momento. Bisogna accelerare i tempi. La mutazione del Pd è
ormai definitiva, sotto gli occhi di tutti. E apre uno spazio politico
che non è solo di testimonianza».
In ordine sparso verso il consueto 3-4 per cento?
«L’ironia
è giustificata dal recente passato. Ma io sono convinto che questa
volta esista davvero la possibilità di far nascere un soggetto unito e
competitivo, che restituisca cittadinanza e rappresentanza alla sinistra
italiana. Il Pd sta ormai abbandonando il campo. Insisto, lo spazio a
disposizione non è mai stato così ampio. Ora o mai più».
Scannarsi tra voi sul candidato sindaco nelle principali città italiane fa parte del processo costituente?
«Talvolta
non diamo un bello spettacolo, lo ammetto. Sinistra Italiana è solo uno
dei soggetti in campo, ma anche il suo nome è provvisorio. La
difficoltà a trovare un minimo comun denominatore tra le nostre diverse
anime è evidente».
L’ostacolo maggiore?
«I nostri vecchi
vizi. La solita tendenza a far prevalere l’importanza di mettere insieme
quel che c’è rispetto alla necessità di inventarsi qualcosa che ancora
non c’è sacrificando ognuno qualcosa di sé stesso. I personalismi, poi. E
le rendite di posizione. Ma attenzione, le amministrative sono solo un
passaggio di quel che sarà. Un cammino lungo. L’importante è che
cominci».
Con la sinistra Pd?
«Rispetto molto le persone che
ne fanno parte. Sono davvero in una situazione difficile. Si stanno
rendendo conto dell’impossibilità di qualunque virata a sinistra. Più o
meno in trappola».
Possono uscirne?
«All’orizzonte hanno un
problema serio e dirimente. Il referendum sulla riforma costituzionale. E
forse quello che la Cgil sta promuovendo su Jobs act e presunta buona
scuola. Come votano? Cosa votano? In autunno sapremo».
Come immagina la “cosa” di sinistra?
«C’è
bisogno di una struttura. Di un luogo ove si discute davvero e si
decide insieme. La rete è importante ma deve essere un arricchimento,
non l’essenza. Come forse ha intuito, a me il partito liquido non piace
proprio. Neppure a Cirino Pomicino, per altro».
La presentazione è andata bene?
«Una
discussione molto interessante. Quell’uomo ha una energia e una
lucidità incredibili. E capisce di politica come pochi. Ah, questi
democristiani...».