Repubblica 9.2.16
L’incubo di Hillary la candidata perfetta che non conquista i cuori della gente
di Maureen Dowd
HILLARY
Clinton salì alla ribalta nazionale per la prima volta 47 anni fa, da
giovane femminista idealista, sfidando il paternalismo
dell’establishment nel discorso alla sua cerimonia di laurea,
all’università di Wellesley. È strano quindi che oggi le giovani donne
la critichino perché manca di idealismo, forza la mano al femminismo e
incarna l’establishment paternalista.
In queste settimane Hillary e
Bill fanno campagna assieme, ma senza entrare in sinergia: tutto il
tempo passato a osservare Bill e Barack non è servito a Hillary a
imparare l’arte della seduzione sul palco. La candidata è circondata
dagli strateghi delle campagne di Obama e del marito, ma questo non le
basta a far venire la pelle d’oca al pubblico.
Nell’ultimo
dibattito televisivo, corrucciata, all’accusa di Sanders di essere
espressione dell’establishment ha obiettato che chi corre per essere la
prima donna presidente non ne fa certo parte. Però Hillary è
l’establishment. Come Nancy Pelosi. Come lo fu Eleanor Roosevelt. Non
deve negarlo ma farne un punto di forza. Come donna, ex first lady,
senatrice e segretario di Stato, ha in mano tutte le carte per
trasmettere un messaggio stimolante, che vada oltre la disparità di
reddito per toccare il tema più ampio dell’intolleranza e delle
problematiche economiche e internazionali del momento.
A Hillary
manca ancora il gradimento delle giovani donne che avrebbero dovuto
portarla avanti come una novella Giovanna d’Arco. Secondo un sondaggio
NbcNews/
Wall Street Journal/ Marist, in Iowa Sanders ha vinto di 70 punti tra i
giovani. E nel New Hampshire i sondaggi lo danno in testa tra
l’elettorato femminile con ampi margini tra le elettrici sotto i 45 anni
e tra gli elettori di entrambi i sessi sotto i trent’anni. Lyndon
Johnson disse che sono due le cose che rendono stupidi i politici: il
sesso e l’invidia. Nel caso di Hillary sono tre: il sesso, il denaro e
il bisogno di segretezza. Si è accanita a gettare fango sulle ex amanti
del marito. Da tempo è mossa dal timore di rimanere senza un soldo: da
qui i sospetti intrallazzi all’epoca in cui Bill era procuratore
generale dell’Arkansas e la decisione di tenere discorsi a Wall Street
alle soglie della campagna elettorale anche se lei e Bill, tra il 2007 e
il 2014, hanno guadagnato più di 139 milioni di dollari. Le manie di
segretezza sugli scandali che l’hanno colpita sono in contrasto con il
suo passato di avvocato idealista: è così che si è data la zappa sui
piedi, spaventando i democratici.
Mentre lei teneva tre discorsi
per la Goldman Sachs dietro l’astronomico compenso di 675.000 dollari,
il suo partito stava cambiando. A fronte della lenta ripresa economica i
democratici fremevano di rabbia contro le grandi banche e i miliardari
senza scrupoli. Hillary era una nota stonata; per giustificare il suo
comportamento discutibile, durante l’ultimo dibattito tv ha tirato in
ballo altre persone: «tutti i segretari di Stato avrebbero fatto la
stessa cosa», ha detto. Ma non si erano candidati alla presidenza, ha
obiettato il giornalista. «Non avevo preso l’impegno di candidarmi», ha
risposto lei.
È proprio questa poca trasparenza che ha spinto
tanti democratici a preferire Sanders. L’ascesa populista di Sanders —
che ha raccolto 20 milioni di dollari il mese scorso, 5 più di Hillary —
ha portato i vertici democratici a chiedersi se Obama dovrà scendere in
campo per sostenerla.
Sarebbe proprio grossa. L’idealista
laureata a Wellesley diventata realista, ha bisogno dell’idealista di
Chicago diventato realista, che l’ha a suo tempo sconfitta, per salvarsi
dall’idealista del Vermont che si appella a una semplice realtà: Wall
Street ha spennato l’America e nessun pezzo grosso ha pagato.
( Traduzione di Emilia Benghi © 2016 New York Times News Service)