venerdì 26 febbraio 2016

Repubblica 26.2.16
“Stop ai depistaggi sul caso Regeni l’Italia pretenda verità dall’Egitto”
Roma, da Erri de Luca ad Amnesty Sit-in davanti all’ambasciata
di Fabio Tonacci

ROMA. Davanti all’ambasciata d’Egitto, le parole più dure le ha trovate Erri De Luca. «Sull’omicidio Regeni il nostro governo è reticente, remissivo e debole. Deve fare solo una cosa: investire della questione l’Unione Europea. Del resto è stato ucciso un cittadino europeo, non si possono accettare verità di comodo».
Lo scrittore, come altre duecento persone tra attivisti e personalità della cultura, ha partecipato al sit-in a Villa Ada a Roma, davanti ai cancelli della sede diplomatica egiziana. È stato organizzato da Amnesty International Italia, Antigone, e Coalizione italiana Libertà e Diritti civili. Tutti insieme con un messaggio unico da portare, a un mese dalla scomparsa del ricercatore friulano: «Vogliamo la verità su Giulio Regeni».
A terra un lungo striscione, per aria tanti cartelli in italiano e in inglese. Alcuni ragazzi hanno decorato un lenzuolo bianco in memoria di Giulio. «Il suo corpo per come è stato ritrovato al Cairo porta una firma, la firma della tortura di Stato. Dobbiamo scoprire nomi e cognomi di chi ha messo quella firma», ha detto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty. «E non ci vengano a dire che è un caso di cronaca nera», gli ha fatto eco Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
I deputati di Sel Nicola Fratoianni e Michele Piras, l’ex ministro del Welfare Paolo Ferrero e l’avvocato della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, hanno potuto incontrare per una mezz’ora l’ambasciatore egiziano, Amr Helmy. «Ha spiegato che il suo presidente Al Sisi non c’entra niente con quanto successo ha raccontato Fratoianni, all’uscita e che i loro servizi segreti mai farebbero una cosa del genere. Ma le tante, troppe, versioni date dal governo egiziano non ci hanno convinto. È inaccettabile anche soltanto dare l’idea che la vicenda di Regeni possa essere ridotta a una vendetta personale o magari a comportamenti ambigui tenuti dallo stesso ragazzo, come hanno sostenuto ».
Oltre a giornalisti e manifestanti, c’era anche qualche egiziano. Mohamed in mano stringeva un dipinto col volto di Giulio. «L’ho fatto io. Poteva essere uno di noi. Siamo qui per sostenere il rispetto dei diritti umani nel nostro Paese». Proprio ieri in Egitto, dopo l’arresto dello scrittore Ahmed Naji, accusato di aver violato con i suoi romanzi il “pubblico pudore”, un gruppo di intellettuali ha lanciato una campagna per una maggiore libertà d’espressione: l’hanno sostenuta con dei video messaggi scrittori, registi e artisti.
Ieri era anche la giornata dell’audizione del sottosegretario con delega all’intelligence Marco Minniti davanti al Copasir. Il presidente del comitato parlamentare Giacomo Stucchi, al termine dell’incontro, ha ribadito che «i tentativi di accreditare una verità di comodo sono maldestri e inaccettabili». Stucchi ha parlato di «ricostruzioni fantasiose» e di tentativi di depistaggio. «È importante ha detto che ai nostri investigatori sul posto vengano fornite tutte le prove video e audio, se ce ne sono, dei contatti e degli ultimi movimenti di Regeni, il quale, ci è stato assicurato, non aveva alcun contatto con i servizi e la cui attività di ricerca, “aperta” e fruibile sul web, non poteva essere frutto di equivoco».