giovedì 25 febbraio 2016

Repubblica 25.2.16
Shirin Ebadi
“Ma l’esito del voto non intaccherà il potere del Leader”
L’avvocato Nobel per la pace: “Non accade nulla senza che Khamenei non sia d’accordo”
intervista di Vanna Vannuccini

TEHERAN. «Se fossi in Iran non andrei a votare», dice l’avvocato iraniano Shirin Ebadi, Nobel per la pace nel 2003 per le sue battaglie legali in difesa dei diritti umani.
Molti in Iran sperano in una affermazione dei riformatori, seppur decimati dal Consiglio dei Guardiani, in modo che il futuro Parlamento sostenga le riforme promesse dal presidente Rouhani. Lei in passato ha chiesto il boicottaggio del voto. Che consiglio dà oggi ai giovani iraniani?
«Non mi pare che Rouhani abbia portato giovamento al Paese: non ha migliorato la situazione dei diritti umani né cambiato la legge elettorale. Perciò il mio consiglio non cambia».
Proprio per avere un Parlamento che cambi le leggi, molti considerano cruciali queste elezioni. In passato, il boicottaggio ha portato regolarmente alla vittoria dei conservatori.
«Posso solo ribadire che con la presidenza Rouhani nulla è cambiato. Ha firmato l’accordo sul nucleare sotto la pressione economica delle sanzioni con l’approvazione della Guida Suprema Khamenei. In Iran non accade mai niente senza».
L’attrice Simin Motamed Arya è stata aggredita nei giorni scorsi dai basiji mentre presentava un suo film a Kashan, ma subito dopo ha ricevuto al Festival Fajr, dalle mani del ministro della Cultura Jannati, un importante riconoscimento. Non le pare il segno che qualcosa sta cambiando?
«Mi pare il segno del dualismo che c’è all’interno del regime. Ci sono due gruppi che hanno posizioni differenti, alcuni sono più moderati e altri più integralisti. Questi ultimi hanno maggior potere e maggiore influenza».
Per questo molti sperano in una vittoria dei riformatori, perché abbiano maggiore influenza.
«Se anche i candidati riformatori venissero tutti eletti, resterebbero una minoranza nel Majlis. E non potrebbero far nulla».
Domani si voterà anche per l’Assemblea degli Esperti, che ha il compito di nominare il Leader. Che cosa potrebbe cambiare per l’Iran se al posto del prossimo Leader venisse nominato un Consiglio di Leadership di tre persone, secondo la proposta dell’ex presidente Rafsanjani ?
«La Costituzione iraniana prevede che ci sia al vertice un solo Leader supremo, non un Consiglio di Leadership. Rafsanjani si riferisce alla possibilità, prevista dalla Costituzione, che l’Assemblea degli Esperti non riesca a mettersi d’accordo su un nome. In questo caso la leadership verrebbe affidata a un consiglio di tre persone composto dal presidente, dal capo del Consiglio per il discernimento e dal capo del potere giudiziario. Attualmente le prime due cariche sono occupate da Rouhani e Rafsanjani, che si troverebbero così in maggioranza nella designazione del Leader supremo».
Lei, come musulmana religiosa, non pensa che chi s’identifica con una religione abbia il dovere di nominare tutto quello che in quella religione considera sbagliato, datato, astorico?
«Penso di sì e credo di farlo, ma le persone come me non hanno potere politico e la loro voce non viene sentita. Il mondo islamico è privo di governi democratici, e i regimi autoritari interpretano l’islam secondo la loro convenienza».
Uscire dall’isolamento internazionale potrà finalmente cambiare qualcosa in Iran?
«Non credo. Non può accadere nulla senza che il Leader, che ha un potere assoluto, sia d’accordo. Del resto Khamenei stesso ha dichiarato che nulla cambierà ora nella politica estera e interna del Paese. Sono perfino aumentati gli aiuti e le ingerenze militari iraniane in Siria e nello Yemen, mentre la situazione dei diritti umani è rimasta la stessa».
In altre parole, la Repubblica islamica non è riformabile, lei dice. Nel suo ultimo libro racconta le angherie che ha subito, con tutta la famiglia. Qual è stato il momento più difficile?
«Quando dall’estero vedevo le foto dei giovani iraniani ammazzati per le strade».
E il suo maggior successo?
«Nei primi anni dopo la rivoluzione poche persone condividevano le mie posizioni, avevo l’impressione di parlare con me stessa davanti allo specchio. Con le attività svolte da me e dai miei colleghi vedo che invece oggi i diritti umani sono rivendicati da tutti in Iran. Nel 1999, quando insieme ad alcuni colleghi fondammo il Centro dei Difensori dei Diritti umani, eravamo l’unica associazione di questo genere in Iran».