Repubblica 22.2.16
L’ultimo segreto di Ötzi “Così daremo voce all’uomo di 5 mila anni fa”
A Bolzano l’esperimento sulla mummia ritrovata nel ’91
Dallo studio della gola al programma per farla parlare
di Elena Dusi
ROMA.
Avrà presto una voce, Ötzi. E chissà se a quel punto inizierà lui
stesso a raccontarci i misteri che lo circondano. Chi lo ha ucciso, che
mestiere faceva, come conoscesse le proprietà dei funghi medicinali che
portava con sé e perché fosse finito su quella montagna, in Val Senales,
a oltre tremila metri di altezza. Qui, nel 1991, Ötzi sarebbe stato
ritrovato, 5.300 anni dopo l’omicidio causato da una freccia, rimasta
conficcata nella spalla sinistra e penetrata fino a pochi millimetri dal
polmone. La sua mummia e tutti gli equipaggiamenti con cui l’uomo dei
ghiacci si era avventurato in alta montagna, splendidamente conservati,
sono ancora oggi carichi di informazioni sulla vita che l’uomo conduceva
in Europa nell’età del bronzo.
Per ricreare la voce di Ötzi si
partirà da una Tac alla gola analizzata dall’ambulatorio di foniatria e
dal reparto di otorinolaringoiatria dell’ospedale San Maurizio di
Bolzano. «Abbiamo ricostruito la “cassa armonica” di Ötzi » ha spiegato
al quotidiano Alto Adige il primario otorino Rolando Füstös. «Con l’uso
di un software sarà ora possibile stabilire la distribuzione
dell’energia acustica». La voce sarà ricostruita poi da un
sintetizzatore messo a punto da Piero Cosi del Consiglio nazionale delle
ricerche di Padova.
Senza conoscere la sua lingua, anche se Ötzi
si mettesse a parlare non riusciremmo purtroppo a capirne il racconto.
Ma sono comunque molti i segreti che, in 25 anni di studi, una delle
mummie più antiche del mondo ha svelato ai ricercatori. Di Ötzi sappiamo
che soffriva di artrite, gastrite e mal di denti. Dalla lettura del suo
Dna abbiamo scoperto che aveva occhi marroni, intolleranza al lattosio e
gruppo sanguigno zero. Nei suoi cromosomi è scritta la parentela con le
più antiche popolazioni d’Europa, di cui oggi si ritrova traccia solo
in Corsica e Sardegna. Scongelandolo per un attimo - nel 2000 - e
prelevando dei campioni dall’intestino, abbiamo visto che ha avuto
almeno la soddisfazione di morire a pancia piena: carne di stambecco e
cervo in quantità, più pane o zuppa di farro. Nel suo stomaco sono stati
trovati anche pollini tipici della primavera, la stagione in cui
probabilmente è morto. Come metà della popolazione odierna, lo stomaco
ospitava il batterio Helicobacter Pylori, causa di ulcera. Le arterie
erano molto calcificate nonostante Ötzi facesse movimento e non fumasse.
Segno che la sua arteriosclerosi aveva origine genetica. Dalle tracce
di sangue prelevate attorno alla ferita abbiamo estratto e immortalato i
globuli rossi più antichi della storia.
Nella bisaccia Ötzi
portava due frammenti di poliporo di betulla, un fungo usato per
combattere i parassiti dell’intestino. E i 61 tatuaggi di cui il suo
corpo è costellato (fasci di linee o croci tracciati incidendo la pelle e
sfregandovi sopra del carbone) coincidono con i punti più dolenti
dell’uomo dei ghiacci: lombi, caviglie, polsi, ginocchia. Qualcuno ha
notato delle analogie con le principali linee dell’agopuntura, anche se
di questa pratica si avranno notizie in Asia solo due millenni più
tardi.
Se molto sappiamo della sua (scarsa) salute, la prima
domanda che faremmo a Ötzi, se sapesse parlare, è: ma tu chi eri? Un
pastore, suggerirebbero le vesti di pellame. Ma è strano che nessuna
traccia di pelo sia stata ritrovata sul suo corpo. Un nobile, sembra di
capire dalla sua preziosa ascia di rame. O forse uno sciamano, visto che
portava con sé i funghi medicinali. Da reietto e fuggiasco avrebbe
potuto cercare rifugio in alta montagna, dove poi i suoi inseguitori
l’hanno ucciso. Nessun software, purtroppo, sembra in grado di svelarci
per ora l’ultimo segreto di Ötzi.