La Stampa 6.2.16
L’amore acido
di Massimo Gramellini
Si
comprende come Lucia Annibali, l’avvocata pesarese fatta sfregiare
dall’ex, l’altra sera abbia preferito andare in pizzeria con la cognata
piuttosto che seguire in tv la prima intervista del suo carnefice. Ma da
giornalista l’intervista avrei voluto farla io e da lettore e talvolta
scrittore di romanzi ho trovato interessante la possibilità di penetrare
nella psicologia di quell’uomo. Dare un microfono al male non significa
per forza amplificarne i messaggi, ma offrire a tutti la possibilità di
conoscerne i meccanismi. Da questo punto di vista, anche per merito
della conduttrice, la performance televisiva di Luca Varani è stata una
radiografia esauriente. Di lui mi hanno colpito il narcisismo e la
totale mancanza di compassione. Quel giustificare l’ingiustificabile in
un continuo «sì, però lei…». Fa parte del gioco che un condannato in
attesa di sentenza definitiva si arrampichi goffamente sugli specchi e
dichiari di avere ordinato agli esecutori materiali di gettare l’acido
sull’auto della vittima anziché sulla sua faccia. Chi volete che gli
creda? Ho trovato più sconvolgente che abbia ammesso di essersi
incapricciato, ma mai davvero innamorato di Lucia.
Ovviamente la
presenza dell’amore non sarebbe stata una giustificazione. Ma la sua
assenza diventa un’aggravante. La prova che gli unici moventi sono stati
l’orgoglio ferito, il bisogno di dominio e quel fottuto senso di
possesso che troppi maschi confondono con la passione. Come altri
spettatori, ho atteso fino all’ultimo che Varani si mettesse le mani
sulla faccia e dicesse: «Dio mio, cosa ho combinato!». Non lo ha fatto.
L’acido a lui deve essere colato nel cuore.