La Stampa 5.2.16
Radio Moria
di Massimo Gramellini
È
comprensibile che Radio Maria non si auguri la nascita della Cirinnà,
intesa come legge che disciplina le unioni civili. Lascia più perplessi
che si auguri la morte della Cirinnà, intesa come persona fisica prima
firmataria della legge. «Signora, arriverà anche il suo funerale, stia
tranquilla. Glielo auguro il più tardi possibile, ma arriverà», ha
vaticinato don Livio Fanzaga dai microfoni dell’emittente cattolica di
cui è direttore. Anche in tempi di assuefazione a qualsiasi eccesso, un
prete in versione gufo che augura la morte a una pecorella smarrita
rientra ancora nel novero degli eventi stupefacenti. Non tanto per
l’assenza della minima particella di carità cristiana, difficile da
rintracciare in un uomo che ha definito gli amori gay «una sporcizia».
Quanto perché, per un credente tutto d’un pezzo come lui, la morte
dovrebbe rappresentare un esito positivo, lo skilift per approdare a
quella vita eterna che fino a prova contraria rimane il «core business»
dell’azienda. Nelle sue parole, invece, la Grande Liberatrice sembra
essere diventata una fattura da scagliare contro gli avversari e persino
il funerale si trasforma in una minaccia. A meno che.
A meno
che don Livio, amando da buon cristiano la morte e i funerali, li abbia
augurati alla signora Cirinnà come dimostrazione di affetto. In tal caso
se ne potrebbe dedurre che la legge sulle unioni civili non dispiaccia
troppo nemmeno a lui. E questo, nei giorni della tournée di padre Pio,
sarebbe un autentico miracolo.