venerdì 19 febbraio 2016

Indro Montanelli nel 1994:
«Oggi, per instaurare un regime, non c’è più bisogno di una marcia su Roma né di un incendio del Reichstag, né di un golpe sul palazzo d’Inverno... Basta la televisione».
Repubblica 19.2.16
Angelo Guglielmi
“Per cambiare davvero ci voleva Santoro a capo della terza rete”
intervista di A. Cuz.

La vera svolta avverrà solo se riusciremo a vendere i nostri programmi finalmente all’estero
Angelo Guglielmi, critico letterario e direttore di Rai 3 dal 1987 al 1994

ROMA. Secondo Angelo Guglielmi - direttore di Rai3 dal 1987 al 1994, autore della rivoluzione che la portò dal 2 al 10 per cento di share con programmi come
Quelli che il calcio, La TV delle ragazze, Avanzi, Samarcanda, Blob, Chi l’ha visto?
- non è dai direttori di rete che si capirà se Antonio Campo Dall’Orto è davvero in grado di trasformare la televisione pubblica.
E da cosa si vedrà?
«Dalla sua capacità di fare della Rai una società di produzione che interessa anche il mercato estero, una televisione che guardi fuori e non alle solite platee sempre più ristrette. Perché se vuole lasciare che Rai1 cresca su Sanremo e don Matteo, non cambia nulla».
Ma cosa pensa dei nuovi direttori?
«Questi o altri non conta. Contano il progetto e le risorse. Mica basta il canone per lavorare in una prospettiva più ampia. In Italia nel mondo del cinema e della televisione lavorano in tutto 47mila persone. Tecnici, registi e sceneggiatori compresi. Alla Bbc sono 135mila. In Francia 70mila».
L’obiettivo è la media company che esporta i suoi prodotti su tutte le piattaforme.
«Io ho il timore che il dg la lascerà essere quel che è sempre stata: una piccola società rivolta ai bisogni nazionali».
Cosa pensa di Daria Bignardi a Rai3?
«Ha cominciato con noi a Milano-Italia, non ho nulla da dire contro di lei o contro gli altri. Ma non è il momento delle nomine ad avere a che fare con quel che deve essere la nuova Rai. Non è una questione di nomi più o meno azzeccati. Anche se...un grande direttore di Rai3 sarebbe stato Michele Santoro. Il renzismo di queste nomine sta in questo: hanno escluso quei pochi che avrebbero potuto garantire la voglia di cambiare, come abbiamo fatto noi nell’87. Quelli che avrebbero potuto portare un pensiero diverso o almeno la voglia di un pensiero diverso ».