Il Sole 28.2.16
Religione & politica
Il punto sull’Islam
di Vittorio Emanuele Parsi
L’agile
volume di Riccardo Redaelli, professore di Storia e istituzioni
dell’Asia all’Università Cattolica e iranologo conosciuto e affermato,
affronta senza timidezze un tema quanto mai complesso e attuale. Dietro
quello indicato dal titolo dell’agile volume (il rapporto tra islamismo e
democrazia) sta in realtà una riflessione più ampia sulle peculiarità
che rendono così difficile l’affermazione della democrazia nei Paesi a
maggioranza musulmana. Non si tratta evidentemente solo della
declinazione politica della religione islamica, “l’islamismo” cui si
riferisce il titolo del libro, anche se «è innegabile come
l’interpretazione corrente dei precetti islamici (…) ponga numerosi
problemi nel rapporto con la modernità e con i concetti occidentali di
democrazia e libertà» (p. 93). Infatti, contemplando quanto è apparso
tristemente confermato anche dall’esperienza delle primavere arabe,
l’autore sottolinea come al «fallimento dei tentativi di
democratizzazione dei regimi usciti dal processo di decolonizzazione» si
contrapponga un discorso politico islamista che «non si è rivelato più
soddisfacente di quello degli autocrati che volevano abbattere» (pp. 95 e
96).
Redaelli non pretende di fornire la soluzione, di indicare
la rotta attraverso cui società così geograficamente vicine alle nostre
possano trovare la propria via all’edificazione di regimi politicamente
responsabili e in grado di rispondere, innanzitutto, alle esigenze di
libertà, rappresentanza e buon governo delle proprie stesse popolazioni.
Il suo lavoro però contribuisce a decostruire una serie di devastanti
luoghi comuni sull’islam e la sua relazione con la politica, la cui
sempre più diffusa circolazione rischia di edificare muri concettuali
ancor prima che fisici tra l’Occidente e un mondo islamico descritto
come monolitico e immobile. Affrontato questo tema nel primo capitolo,
l’autore ci conduce attraverso la tensione tra l’idea di Stato-nazione,
la realtà istituzionale lasciata al mondo arabo dall’esperienza
coloniale, e i due miti autoctoni che tale realtà hanno sfidato: l’umma
dei fedeli e il panarabismo, due concezioni molto diverse – religiosa la
prima, laica e progressista la seconda – ma entrambe accomunate dal
tentativo di contestare la legittimità dello Stato post-coloniale.
Il
terzo capitolo del libro è invece dedicato alla questione della
difficile applicazione del modello democratico occidentale di
rappresentanza in quelle che per l’autore sono società frammentate,
caratterizzate cioè da pluralità etno-religiosa e culturale, o
fortemente tribalizzate. Nell’opinione di Redaelli, in questo tipo di
società «la limitazione del potere non scorre tanto in senso verticale
(popolo-potere politico), quanto orizzontale, ossia fra comunità
etno-religiose diverse che vivono dentro i confini di un medesimo Stato,
ma che mantengono la percezione di barriere culturali e identitarie
fortissime» (p.63).
L’ultimo capitolo infine presenta
succintamente ma efficacemente i tre modelli di «islamismo politico
realizzato»: quello iraniano, quello saudita e quello pseudo-califfale
di al-Baghdadi, sottolineando come nessuno di questi possa essere
definito di successo nella via di costruire un modello di “Stato
islamico” capace di rispondere alle sfide poste dalla modernità.
Che
se ne possano condividere in toto o parzialmente le tesi, il libro di
Redaelli si segnala come una lettura fondamentale per chi desideri
iniziare un viaggio all’interno delle molteplici forme assunte
dall’islamismo politico e si raccomanda per la sua capacità di
infrangere tanto le rappresentazioni più becere dell’islam quanto il
coro reticente del politicamente corretto, che spesso minimizza le
contraddizioni e i gravi ritardi del pensiero politico e delle prassi
istituzionali prevalenti nelle società musulmane.
Riccardo Redaelli, Islamismo e democrazia , Vita e pensiero, Milano, pagg. 102, € 10