venerdì 19 febbraio 2016

Il Sole 19.2.16
Nessun aiuto all’Italia dai servizi segreti egiziani
Copasir. Audizione del direttore dell’Aise Alberto Manenti
di Marco Ludovico

ROMA I servizi segreti egiziani non hanno dato informazioni alla nostra intelligence sulla tragica morte di Giulio Regeni. In tre ore e mezza di audizione davanti al Copasir (comitato parlamentare per la sicurezza) il direttore dell’Aise (agenzia informazioni e sicurezza estera), Alberto Manenti, ha risposto alla commissione bicamerale presieduta da Giacomo Stucchi (Lega Nord). Si parla degli scenari in Libia e Siria, temi che saranno affrontati giovedì prossimo dal Consiglio supremo di difesa presieduto da Sergio Mattarella. Si affronta il tema della diga di Mosul, dove sono impegnati 450 militari italiani. Nella riunione emerge che all’Italia sono affidati i lavori di esecuzione, ma il generale contractor del progetto è la Difesa Usa.
Tutti, però, trattengono il fiato quando si affronta il tema cruciale e più delicato: la fine di Regeni dopo torture atroci. Manca del tutto una risposta al perchè il ricercatore sia stato non solo mutilato, con le orecchie tagliate e le unghie strappate - atto dal chiaro valore simbolico - e torturato, ma anche ucciso. Se si esclude l’ipotesi che chi lo stava seviziando avesse commesso un errore, resta forse una sola spiegazione plausibile: Regeni ha visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere, andava eliminato. Manenti ha reso noto che colleghi americani di Regeni, presenti al Cairo, hanno subito vicende drammatiche: tre di loro sono scomparsi e non se ne sapeva più niente, salvo ritrovarsi salvi in Usa dopo aver subito un certo numero di violenze. Gli stessi egiziani, insomma, che li avevano rapiti, hanno poi provveduto a riportarli oltreoceano. Resta tuttavia sconfortante la cronologia dei fatti ricostruiti al Copasir. Insieme alla delegazione del ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi - che poi ritornerà subito in Italia alle prime drammatiche notizie sul ricercatore italiano - c’è il vicedirettore dell’Aise, generale Giovanni Caravelli. Poi subito al Cairo arriva anche Manenti, per una missione tuttavia definita «già programmata». Fatto sta che dai servizi d’Egitto, Mukhabaràt in testa, non arriva nessuna notizia, riscontro, traccia informativa tale da aiutare l’Aise e il governo italiano per metterlo nelle condizioni di conoscere almeno una parte della dinamica dei fatti. In quelle ore, al Cairo, davanti alla richiesta di informazioni, c’è stato un rimpallo tra servizi e polizia egiziana: un gioco delle parti per coprire la verità. Per il resto, dunque, il comitato parlamentare apprende che poco o nulla si sa. I risultati dell’autopsia non sono ancora disponibili.In corso resta c’è il lavoro della procura di Roma guidata da Giuseppe Pignatone con i Carabinieri del Ros e lo Sco della Polizia di Stato. Ieri, però, il quotidiano filo-governativo egiziano AlYoum7 online, citando fonti vicine alla procura egiziana, ha scritto che Regeni «sarebbe stato ucciso da agenti segreti sotto copertura, molto probabilmente appartenenti alla confraternita terrorista dei Fratelli musulmani, per imbarazzare il governo egiziano». Notizia poi smentita dal procuratore egiziano di Giza, Ahmed Naji.
Sembra un epilogo già scritto. Con ipotesi fin troppo facili da formulare e già trapelate all’inizio del caso (si veda IlSole del 7 febbraio). Il Copasir ha poi disposto all’unanimità dieci giorni fa - la notizia è emersa ieri - che il Dis (Dipartimento informazioni e sicurezza) svolga un’ispezione sugli avvicendamenti all’Aise: «Alcune persone sono state tolte dai ruoli che ricoprivano ma sono state fatte scelte con motivazioni corrette» ha detto Stucchi. Decisioni, va aggiunto, dettate anche da intercettazioni che hanno coinvolto agenti, ex appartenti ai servizi, personaggi del Vaticano anche di alto livello. Dal contenuto delle conversazioni, a quanto pare alcune piuttosto imbarazzanti, sono emersi fatti che hanno determinato quella che in gergo si chiama «rottura del rapporto fiduciario» tra Manenti, responsabile del reparto Stati e un direttore di divisione.