Il Sole 12.2.16
Etruria, al via l’indagine per bancarotta
Si va verso nuovi avvisi di garanzia
Il Tribunale fallimentare dichiara lo stato di insolvenza -
di Sara Monaci
MILANO
La “vecchia” Banca Etruria è insolvente. Lo ha deciso ieri il tribunale
fallimentare di Arezzo, accettando di fatto la tesi già elaborata dal
liquidatore Giuseppe Santoni. Un’insolvenza dovuta, secondo il giudice, a
un irreversibile stato di crisi, di cui neanche la ricapitalizzazione
avrebbe rimosso le cause.
Lunedì, durante l’udienza, si erano
detti favorevoli allo stato di insolvenza anche la Banca d’Italia e i
due commissari Antonio Pironti e Riccardo Sora, mentre l’ex presidente
dell’istituto di credito, Lorenzo Rosi, aveva sollevato sulla questione
il dubbio di costituzionalità su decreto salva-banche. Una volta
respinto, il tribunale presieduto da Clelia Galantino ha pronunciato la
sentenza, trasmessa alla procura. Intanto i legali di Rosi hanno
annunciato il ricorso in appello.
La bancarotta fraudolenta
Da
oggi dunque l’inchiesta giudiziaria fa un salto di qualità. Gli
inquirenti stanno già indagando l’ipotesi di reato di bancarotta
fraudolenta (che tecnicamente ha bisogno di una preliminare
dichiarazione di insolvenza), ben più grave di quelli visti finora -
ostacolo alla vigilanza, emissione di fatture false e mancata
comunicazione di conflitto di interessi, che conta sette indagati, tra
cui i due ultimi presidenti Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi. A questi
dossier si aggiunge anche il fascicolo per truffa, con nessun indagato
al momento. La procura sta ascoltando molti clienti della banca che
ritengono di essere stati raggirati e indotti all’acquisto delle
obbligazioni subordinate.
A questo punto l’ipotesi di bancarotta
fraudolenta dà la possibilità al pool di magistrati guidati da Roberto
Rossi di approfondire decisioni e atti dei consigli di amministrazione
degli ultimi dieci anni, anche se più praticamente si concentrerà su
quanto avvenuto dal 2012 in avanti. Verranno prese di mira le azioni
considerate “distrattive”. Sotto la lente tre fondamentali questioni: i
fidi concessi (di cui una parte anche agli stessi membri del consiglio
di amministrazione, con una possibile evoluzione del fascicolo già
aperto sulla mancata comunicazione del conflitto di interessi); le
consulenze pagate durante gli anni di perdite crescenti; la politica dei
compensi.
Sotto la lente
Potrebbero entrare dunque nel
nuovo dossier per bancarotta le consulenze da 17 milioni degli ultimi
anni, la liquidazione all’ex direttore generale Luca Bronchi da 1,1
milioni, i premi aziendali da un milione nel 2014, i 185 milioni di fidi
concessi fino al settembre 2014 agli imprenditori considerati “vicini”
ai dirigenti.
A questo punto non si escludono nuovi avvisi di
garanzia, probabilmente non immediati ma molto probabili. Gli inquirenti
valuteranno i comportamenti degli ultimi cda, tra cui quelli guidati da
Fornasari e da Rosi, di cui ha fatto parte anche PierLuigi Boschi,
padre della ministra delle Riforme Maria Elena Boschi, prima come
consigliere e poi come vicepresidente (con Rosi presidente).
Per
uno dei quattro filoni di indagine aperti dalla procura si è intanto già
arrivati a conclusione, con una prima richiesta di rinvio a giudizio.
Il procuratore Rossi ha già presentato nelle scorse settimane la
richiesta di rinvio a giudizio per l’ex presidente di Banca Etruria
Giuseppe Fornasari, l’ex amministratore delegato Luca Bronchi e l’ex
direttore centrale Davide Canestri con l’accusa di ostacolo alle
autorità di vigilanza, avendo fornito dati non veritieri sulla
situazione dell’istituto di credito alla Banca d’Italia.
I passi successivi
I
tre imputati compariranno davanti al gup del Tribunale di Arezzo, Anna
Maria Lo Prete, il prossimo 10 marzo. Il fascicolo era stato aperto nel
marzo 2014 dopo l’invio in Procura della relazione degli ispettori della
Banca d’Italia, compiuta con una serie di ispezioni nella sede centrale
di Banca Etruria dalla fine del 2012 al settembre 2013, rilevando
fattispecie di reati penali. La procura ha concluso anche le indagini
sul secondo filone, quello delle false fatturazioni, in cui si prende di
mira l’operazione immobiliare “Palazzo della Fonte”. È stato
notificato, infatti, l’avviso di chiusura dell’inchiesta a quattro
indagati: l’ex presidente Fornasari, l’ex dg Bronchi e a due manager di
una finanziaria che avrebbero emesso fatture false per una serie di
operazioni considerate inesistenti dagli investigatori della Guardia di
Finanza. A giorni arriverà la richiesta di rinvio a giudizio.