mercoledì 3 febbraio 2016

il manifesto 3.2.16
I rischi delle leggi repressive di Hollande
Riforma costituzionale . Oggi in Consiglio dei ministri il prolungamento di altri tre mesi dello stato d'emergenza. La riforma costituzionale sulla privazione della nazionalità a rischio, contestazioni a sinistra (ma anche a destra). Taubira attacca con un libro
di Anna Maria Merlo

PARIGI Oggi in Consiglio dei ministri sarà presentata la proposta, poi sottoposta al voto del parlamento, di prolungare di altri tre mesi lo stato d’emergenza, che, già confermato dopo i primi 12 giorni seguenti gli attentati del 13 novembre, scade ora il 26 febbraio. Poi, venerdi’, inizia all’Assemblea il dibattito sulla riforma della Costituzione, per introdurre non solo lo stato d’emergenza nella Carta (una proposta che alcuni, come lo storico Pierre Rosanvallon, giudicano positivamente, perché chiarirebbe la legge del ’55, votata durante la guerra d’Algeria), ma soprattutto la molto più controversa privazione della nazionalità.
La confusione regna sovrana sui due fronti e il governo è in difficoltà, preso in trappola da se stesso. Contro il prolungamento dello stato d’emergenza hanno manifestato migliaia di persone in tutta la Francia sabato scorso. Una richiesta di sospensione della Lega dei Diritti dell’uomo è stata pero’ respinta dal Consiglio di stato la scorsa settimana, perché “il rischio di attentati resta”. Nei fatti, l’efficacia dello stato d’emergenza nella lotta al terrorismo resta da dimostrare: ci sono state 3200 perquisizioni (senza l’intervento del giudice, come permette lo stato d’eccezione), ma sono state aperte solo 4 inchieste che hanno a che vedere sul terrorismo e una sola persona è stata incriminata, mentre 400 persone sono ai domiciliari. Hanno subito questa privazione di libertà anche persone che nulla hanno a che vedere con il terrorismo, come dei militanti ecologisti legati alla contestazione dell’aeroporto di Notre-Dame-des-Landes, a riprova dell’arma a doppio taglio dello stato d’emergenza.
L’inserimento nella Costituzione della privazione della nazionalità ha già causato un terremoto politico, con le dimissioni della ministra della Giustizia, Christiane Taubira, la scorsa settimana, l’ultima garante a “sinistra” del governo Valls. Taubira, lunedi’, ha pubblicato un libro di meno di 100 pagine, Murmures à la jeunesse, che è un j’accuse contro la proposta della privazione di nazionalità, “inefficace”, “con effetti nulli sulla dissuasione”. L’ex ministra, che è nata a Cayenne, si chiede: “cosa sarebbe il mondo se ogni paese espellesse i propri cittadini considerati indesiderabili?”. Per modificare la Costituzione, ci vuole un voto ai tre quinti del Congresso (Assemblea e Senato riuniti), su un testo che deve essere passato negli stessi termini nelle due camere. Ma si arriverà al Congresso? E con quale testo di legge? Per rispondere alla contestazione di una riforma che avrebbe introdotto nella Costituzione una differenza tra cittadini, riservando la privazione della nazionalità ai soli bi-nazionali (con due passaporti), Valls ha ora proposto un testo senza riferimenti alla bi-nazionalità, ma che non limita più la pena ai soli condannati per terrorismo ma la estende anche ai reati contro la nazione con condanne fino a 10 anni di carcere. Un vero pasticcio, intanto perché sarebbe comunque riservato ai bi-nazionali (Valls ha promesso che la Francia ratificherà le norme internazionali che proibiscono di creare apolidi). Ma in più con il rischio di aprire la possibilità di privare della nazionalità per diversi motivi, quando ci sarà un’altra maggioranza (per esempio per ragioni politiche). Il testo è confuso e non ancora definito, mentre Hollande non è più certo di avere la maggioranza. C’è una fronda consistente a sinistra, dove un centinaio di parlamentari potrebbero votare contro o astenersi. Circolano petizioni e prese di posizione, firmate da vare personalità (dall’economista Piketty a Cohn-Bendit e Jacques Attali) per chiedere al governo di rinunciare. Anche l’obiettivo di unità nazionale sembra fallito. A destra crescono i dubbi. Per ragioni di fondo, in qualche caso, ma anche per opportunismo (non dare una vittoria a Hollande). Tra i candidati alle primarie per l’Eliseo, Alain Juppé è contro, e anche François Fillon ha dei dubbi, mentre Sarkozy è d’accordo, visto che era una sua idea. Florian Philippot del Fronte nazionale afferma: “deciderà Marine Le Pen” su come voteranno i due deputati e i due senatori di estrema destra, “ma se il principio di privazione della nazionalità sarà ben presente nel testo allora potremmo votarlo, visto che sarà una vittoria ideologica del campo dei patrioti, che noi incarniamo”.