il manifesto 3.2.16
Più tasse ai ricchi, il programma «socialista» di Sanders
La campagna. Università pubblica gratuita e energie sostenibili
di Marina Catucci 
NEW
 YORK Un pareggio dichiarato, 50 e 50, non declinabile altrimenti, 
questo il risultato per i candidati democratici che dopo il ritiro di 
O’Malley restano in due; la pragmatica Clinton e il passionale Sanders. 
Per arrivare a questo pareggio Clinton ha potuto contare sull’appoggio 
del partito, l’endorsement di Obama e un budget di 90 milioni di 
dollari.
Sanders, ex indipendente ora passato ai democratici, ne ha spesi la metà, raccolti quasi capillarmente.
I
 due sono le due facce dell’elettorato; Sanders è il nemico dichiarato 
di Wall Street che nomina solo per promettere una regolamentazione 
severa, nuove tasse e per ricordare di come lui, a differenza di 
chiunque altro, non abbia mai accettato donazioni o si sia mai 
compromesso con loro, Clinton invece ha una posizione più 
contraddittoria, avendo avuto più di un contatto con l’economia di Wall 
Street ed anche per questo a votare per Sanders è stata la fascia di 
voto giovane e quella di reddito medio e bassa, mentre Clinton ha goduto
 dell’appoggio di una classe più ricca e più anziana.
A guardarli 
da vicino i programmi dei due candidati, però, non differiscono così 
tanto, specialmente dopo che l’entrata di Sanders che ha di fatto spinto
 le posizioni di Clinton più a sinistra di quelle iniziali.
Tolto 
il tema del controllo delle armi dove Sanders, inizialmente restio, ha 
ultimamente sposato una posizione più rigida e più simile a quella di 
Clinton, e il tema della legalizzazione della marijuana dove è avvenuto 
l’inverso, entrambi vogliono alzare il minimo sindacale, un’equità di 
salario per uomini e donne, università accessibili a tutti, entrambi 
affrontano il problema della discriminazione economica e sociale degli 
afro americani e promettono una ulteriore riforma carceraria e poi c’è 
la sanità, che è un tema portante nei due programmi e dove entrambi 
auspicano un sistema sanitario che copra tutti.
Nella prassi 
mentre Clinton si baserebbe sul programma sanitario esistente, 
migliorandolo, Sanders parla di uno smantellamento dell’Obamacare per 
poter costruire ex novo un sistema sanitario socialmente equo, di fatto 
le assicurazioni private e trasformando il governo federale nell’unica 
società di assicurazione sanitaria. L’operazione, per garantire 
assistenza sanitaria a 300 milioni di cittadini americani, avrebbe un 
costo di 1,38 milioni di miliardi di dollari all’anno e verrebbe pagata 
da un aumento delle tasse per i più ricchi e un aumento dei prelievi sui
 patrimoni ereditari, i guadagni di Borsa e sui dividendi azionari. È 
un’altra novità nella comunicazione politica americana: il non temere di
 parlare di tasse.
Nel suo programma Sanders spiega come 
basterebbe tassareuna parte degli scambi effettuati ogni giorno a Wall 
Street per trovare i 75 miliardi di dollari l’anno necessari a rendere 
gratuita l’iscrizione alle università pubbliche, ed altre tasse sono 
previste per scoraggiare le emissioni di Co2 da investire in energia 
sostenibile. Sempre tassando le classi più ricche si troverebbe il 
milione di miliardi dedicato all’ammodernamento delle infrastrutture, 
progetto che creerebbe, secondo Sanders, ben 13 milioni di nuovi 
occupati, così pure per i 5,5 miliardi necessari a creare un progetto 
dedicato al lavoro giovanile, e altre tasse per un progetto di congedo 
pagato di maternità e paternità post parto.
Per far passare un 
concetto spinoso come l’aumento delle tasse è servita sì una società 
civile più consapevole ma anche una dose di carisma e di emotività che 
Sanders possiede.
In questo è racchiuso molto della personalità di
 entrambi: Sanders parla al cuore dell’elettorato mentre Hillary si 
rivolge alla testa. Una differenza palese nei loro ultimi spot 
elettorali: mentre Clinton spiega, Sanders emoziona e con uno spot fatto
 di sole immagini e musica, senza una parola, finalizzato a far venire i
 brividi e sposare una causa che va anche oltre il qui ed ora. È più 
cambiare l’America che succedere ad un presidente.
L’Iowa era la 
piazza ideale per questo tipo di messaggio, ben diverso terreno si 
troverà nel più pragmatico New Hampshire, dove si voterà tra una 
settimana.
 
