il manifesto 27.2.16
Unioni civili, un brutto primo passo
Diritti.
Aveva visto giusto Antonio Gramsci: il problema della debolezza
liberale in Italia sta nella presenza non tanto del cattolicesimo ma del
Vaticano e del suo grande potere di veto
di Nadia Urbinati
Sì,
vi è da rimanere delusi per l’incapacità dei nostri rappresentanti di
andare oltre gli ostacoli del pregiudizio; per l’incapacità di osare di
sentirsi davvero liberi legislatori che rispondono alla richiesta di
eguali diritti che viene dal paese. E vi è di che rammaricarsi che il Pd
sia così miscellaneo sui valori fondamentali (una tara che si porta
dietro fin dalla nascita) da essere incapace di approdare a una
decisione unanime, dando l’impressione che si tratti di due partiti in
uno più che di un partito con visioni plurali.
Il bisogno di
bussare alla porta di Verdini è da solo una dichiarazione di impotenza e
pochezza. E c’è di che inquietarsi per la massiccia e nemmeno velata
interferenza del clero romano con le istituzioni dello Stato. Aveva
visto giusto Antonio Gramsci quando scriveva che il problema della
debolezza liberale del nostro paese sta nella presenza non tanto del
cattolicesimo ma del Vaticano. La cattolicissima Irlanda è molto più
libera nelle sue leggi della meno religiosa Italia. Il Vaticano ha un
potere di veto che non deve essere sottovalutato mai. E per questo,
avere una legge zoppa è un meno peggio. Ma sarebbe auspicabile non
viverla come punto di arrivo e quindi come una sconfitta, ma invece
trasformarla in un punto di partenza. Come punto di arrivo è
semplicemente brutta e vergonsosa. Ma ci sono buone ragioni per cercare
di verderla come punto di partenza.
La prima ragione sta nella
natura stessa dei diritti – che aprono molte più strade di quel che una
timidissima legge non faccia apparire. Una volta aperta la porta
nessuno, nemmeno i prelati e i loro rappresentanti nelle istituzioni
dello Stato, potranno chiuderla. I diritti vengono a grappolo e la vita
delle persone si imporrà. La forza del diritto sarà la forza della vita.
Questa legge brutta e zoppa sulle unioni civili verrà usata subito (per
esempio per risolvere il problema lasciato aperto delle adozioni) e
subito mostretà la propria insufficienza, la necessità di modificarla.
Le maggioranze in Parlamento non possono fermare il torrente della vita
che segue la libera scelta delle persone. Il diritto è ben oltre questa
legge e sfiderà questa legge. La quale quindi è solo un brutto e
timidissimo primo passo, ma non può essere nè sarà l’ultimo.
La
seconda ragione è più radicale e la si è toccata con mano nella
discussione sulla maternità surrogata. La violenza della discussione
alla quale abbiamo assistito ci deve far riflettere sull’opportunità che
lo Stato non intervenga. E’ buona norma di un ragionevole liberalismo
che quando si tratta di decisioni che coinvolgono valori e concezioni
del bene è preferibile che la legge non intervenga fino a quando non si
sia raggiunta una convergenza larga nella cultura morale della società.
Ma fino a quando ci sono divisioni forti sui valori sarebbe meglio che
la legge tacesse poichè non potrebbe evitare di essere ingiusta. Questo
vale naturalmente per la maternità surrogata. Abbiamo già leggi che
proteggono le persone e i minori dall’abuso, dalla mercificazione, dalla
monetarizzazione – se non si dà reato o violazione dei diritti umani e
delle norme che li proteggono, la legge dovrebbe tacere. Questo non può
ovviamente valere per le unioni di coppia, poichè in questo caso
l’esistenza dell’istituto del matrimonio rende fondamentale che la legge
intervenga per regolamentarne l’estensione o la parificazione nei casi
di unione tra non eterosessuali.
La terza ragione pertiene alla
funzione liberatoria del diritto, ovvero alla ricchezza per tutti che il
rispetto degli eguali diritti comporta e corporterà. La discussione al
Senato ha mostrato l’assurdità di chi voleva servirsi della “fedeltà”
per discriminare tra il “vero” matrimonio e le unione civili. Si pensava
cioè di nobilitare il matrimonio degli eterossesuali attribuendo solo
ad esso l’obbligo della fedeltà. Il paradosso è che la discussione ha
dimostrato che sarebbe desiderabile che l’obbligo di fedeltà venisse a
cadere anche per il matrimonio. L’esito di quella che è stata a tutti
gli effetti un’intenzione discriminatoria si è rovesciato e ha mostrare
quanto invadente e anacronistica e corcitiva sia la legge che regola il
matrimonio degli eterosessuali. La maggioranza ha tutto da guardagnare
dall’eguale diritto, dall’inclusione della minoranza. Le unioni civili
tra persone dello stesso sesso possono costituire un arricchimento di
libertà per tutti.
Queste ragioni delle implicazioni positive non
rendono comunque buona una legge che non è buona. Mostrano tuttavia che
da questo momento si può aprire un nuovo spazio di libertà – o meglio
ancora, uno spazio alla contestazione e alla lotta per estendere e
perfezionare il diritto all’eguaglianza che tutti devono avere di godere
degli stessi diritti.