il manifesto 26.2.16
Un tesoretto solo per pochi
Università. La voce dei ricercatori nell'assemblea al dipartimento di Fisica della Sapienza di Roma
di Andrea Capocci
L’allarme
lanciato via Internet da Giorgio Parisi, anche sulle pagine del
manifesto di ieri, non è caduto nel vuoto. Dopo le quarantamila firme
raccolte dalla petizione online, anche l’assemblea convocata alla
Sapienza per far sentire dal vivo la voce dei ricercatori è stata assai
partecipata. «C’è più gente che per le onde gravitazionali», conferma
chi cerca di affacciarsi in aula Amaldi, al dipartimento di Fisica della
Sapienza. In effetti sono oltre in quattrocento, più altri trecento
collegati via streaming, ad ascoltare ricercatori e politici convinti
che il governo Renzi non abbia segnato alcuna discontinuità con quelli
precedenti, nella politica della ricerca.
Un successo di
comunicazione confermato da uno che se ne intende, il decano della
divulgazione Piero Angela. Applauditissimo dai numerosi studenti e
ricercatori precari, ha però invitato a non esagerare con la prudenza:
«Diversamente da altre forze sociali, non siete considerati un
interlocutore dal governo. Forse finora siete stati troppo cortesi?». In
effetti, la ricerca italiana riesce spesso a entusiasmare, soprattutto
quando si parla di onde gravitazionali e particelle, ma nelle leggi di
stabilità raccoglie poco.
Il governo Renzi ha anche cercato di
cavalcare i successi dei ricercatori italiani (spesso ottenuti
all’estero) per rinverdire un qualche orgoglio nazionale. Finora, per
lui e per il ministro Giannini, l’operazione si è rivelata un boomerang:
il mondo della ricerca sembra non gradire questa strumentalizzazione se
poi lo stesso governo prosegue nella politica dei tagli.
Proprio
Adalberto Giazotto, uno degli ideatori di Virgo, il laboratorio che
insieme ai cugini americani di Ligo ha individuato le onde
gravitazionali, e Fabiola Gianotti, direttrice del Cern di Ginevra,
hanno vouto partecipare via Skype all’assemblea per chiarire che non si
tratta della lamentela di pochi fannulloni.
I dati lo dimostrano,
dice Arianna Montorsi (docente al Politecnico di Torino) con poche,
chiarissime slide: «I ricercatori italiani, in media, conquistano
ciascuno una volta e mezzo più finanziamenti europei dei loro colleghi».
Dunque, non hanno certo paura delle procedure di valutazione: le
boicottano, come sta accadendo in molti atenei perché serviranno
soprattutto a giustificare i nuovi tagli alla ricerca pubblica. Che
senso ha «competere», se il governo stanzia 92 milioni di euro per i
progetti di ricerca di interesse nazionale, dieci volte meno della
Francia? Da noi perdono tutti, è una lotteria.
I finanziamenti
perduti non sono svaniti nel nulla, avverte Parisi. Sono serviti a
finanziare altro. Ad esempio, l’Istituto Italiano di Tecnologie (IIT) di
Genova, un ente pubblico di diritto privato che in dieci anni ha già
ricevuto un miliardo di euro. All’IIT Renzi ha affidato anche lo Human
Technopole, il centro di ricerca che sorgerà negli spazi lasciati
dall’Expo milanese, assistito da oltre un miliardo e mezzo di euro
pubblici per il prossimo decennio. «L’IIT ha avuto così tanti soldi che
ha potuto accumulare un tesoretto da 400 milioni di euro investiti in
fondi bancari», denuncia Francesco Sylos-Labini, citando un calcolo
analogo della senatrice a vita Elena Cattaneo.
Allora bisogna
ascoltare la replica di Francesca Puglisi, senatrice Pd, venuta qui
sperando di raccogliere qualche applauso con promesse immaginifiche.
«Come ha fatto Obama, anche il governo Renzi creerà una cabina di regia
per le politiche della ricerca, in cui ascoltare la voce dei ricercatori
in prima persona».
Il pubblico rumoreggia: la «cabina di regia»
ricorda troppo l’ennesimo film. Non invitato, prende allora la parola
Michele Sugarelli, studente di dottorato e attivista dei collettivi:
«Basta con le passerelle, questo è il governo contro cui siamo già scesi
in piazza per difendere la scuola e il diritto allo studio».
La
senatrice se ne va — «c’è da votare una fiducia» — e lascia la poltrona
bollente a un altro dem, Walter Tocci, più ascoltato nelle università
che nel suo partito. Francesco Sinopoli, segreteria della Federazione
dei Lavoratori della Conoscenza Cgil, conclude che «col cappello in mano
non si ottiene nulla. Ci vuole una mobilitazione». E stavolta gli
applausi arrivano anche via streaming.