il manifesto 23.2.16
Nessuna verità per Giulio Regeni. E la repressione infuria
Egitto.
L’Italia allenta la pressione, il boia no. Solo ieri 116 condannati,
tra cui un bimbo di quattro anni (!). Agli arresti lo scrittore Ahmed
Naji
di Giuseppe Acconcia
Tra i tavoli dei bar
del Cairo, mentre fino a qualche giorno fa tutti gli avventori citavano
Giulio e la necessità di fare chiarezza, ora il clima è cambiato.
«L’Italia non fa la voce grossa», si sente ripetere.
In verità,
due sono i motivi per cui il pressing del governo Renzi sul presidente
al-Sisi non sembra affatto significativo. L’Italia è pronta a sostenere
l’Egitto in caso di guerra in Libia. Questo è ormai uno dei punti più
delicati della politica estera italiana dopo la formazione di un governo
di unità nazionale che non accenna a decollare e i raid Usa su Sabrata.
In secondo luogo, gli accordi economici per lo sfruttamento dei
giacimenti di gas Eni, a largo di Port Said, sono tra le priorità in
politica economica. Ieri il ministero del Petrolio egiziano ha dato il
via libera definitivo ad Eni per lo sviluppo di Zohr XI, la storica
scoperta dello scorso settembre che cambierà gli equilibri economici nel
Mediterraneo orientale. Pochi giorni dopo il ritrovamento del cadavere
di Giulio Regeni era prevista proprio la firma dei contratti attuativi
per procedere con i lavori, che dovrebbero chiudersi entro il 2017, tra
Eni e autorità egiziane.
Tutto questo rende la verità nel caso
Regeni più difficile da esigere e nelle mani delle autorità egiziane che
hanno tutto l’interesse a depistare e insabbiare il caso. Nei giorni
scorsi, gli egiziani erano tornati a protestare proprio sulla scia
dell’indignazione per la morte del giovane dottorando italiano. Dopo le
richieste di fare chiarezza sulla vicenda, avanzate la scorsa domenica
dal premier Renzi, il ministro dell’Interno, Abdel Ghaffar, ha fatto
riferimento all’intesa con l’Italia e alla necessità di «arrestare i
responsabili». Ma sembra che le autorità egiziane non vogliano
collaborare davvero con il team di investigatori italiani (Ros, Sco e
Interpol), che si trova ormai da quasi tre settimane al Cairo. Gli
inquirenti resteranno ancora, come richiesto anche dalla famiglia del
giovane friulano in un’intervista rilasciata nei giorni scorsi.
L’Egitto
è tornato ad alzare la voce per gli abusi compiuti dalla polizia.
Decine di familiari di prigionieri politici e desaparecidos si sono
radunati alle porte del Sindacato dei giornalisti per chiedere «processi
giusti». Alcuni dei manifestanti tenevano tra le mani le foto dei loro
familiari, detenuti nella prigione di al-Aqrab, quasi tutti processati
da tribunali militari e condannati a morte. Non solo, i dirigenti del
Centro per la riabilitazione delle vittime di Violenza e Tortura
(Nadeem) hanno annunciato che resisteranno al provvedimento di chiusura
della clinica, disposta direttamente dal governo.
Secondo Amnesty
International sono 41mila i prigionieri politici in Egitto, circa 1500 i
casi di sparizioni denunciate e migliaia le condanne a morte. Solo ieri
il Tribunale del Cairo ha condannato a morte 116 persone per gli
scontri del 3 gennaio 2014 tra sostenitori dei Fratelli musulmani e
polizia che causarono 13 vittime. Tra i condannati a morte figurerebbe
anche un bambino di quattro anni che all’epoca dei fatti ne aveva due.
Questo dimostra ancora una volta che i giudici procedono a condanne
sommarie senza neppure studiare i casi dei condannati o leggere i nomi
degli imputati in aula.
In una lettera dal carcere, uno dei leader
del movimento 6 aprile, Ahmed Maher, ha criticato la repressione che ha
impedito migliaia di egiziani di tornare a protestare contro il regime
militare lo scorso 25 gennaio. Nel giorno in cui Giulio Regeni è
sparito, quinto anniversario dalle rivolte del 2011, non ci sono state
significative manifestazioni di piazza.
E dopo le proteste dei
giornalisti e gli arresti di comici e fumettisti, ieri lo scrittore
Ahmed Naji è stato arrestato dopo aver subìto una condanna a due anni di
prigione per linguaggio osceno. Le accuse si riferiscono al suo ultimo
romanzo Istikhdam al-Hayah (Usando la vita) del 2014. Naji ha respinto
le accuse. Secondo lo scrittore, autore di Rogers (2007), i giudici
continuano a riferirsi al testo come a un articolo mentre si tratta di
uno dei capitoli del suo libro. Anche il caporedattore del quotidiano
Akhbar al-Adab, Tarek al-Taher, che lo ha pubblicato, dovrà pagare una
multa di 1500 euro. Il sindacato dei giornalisti ha definito la sentenza
un attacco all’«immaginazione degli scrittori».