Corriere La Lettura 21.2.16
Gesù affascina anche gli indù
Esiste
un Gesù che non è cristiano, molto più diffuso di quanto non si possa
ritenere. Prova a tracciarne una mappa un volumetto curato da Marinella
Perroni, Gesù degli «Altri» (Morcelliana, pp. 160, e 15). Non stupisce
che se ne parli con accenti polemici nell’ebraismo, dal Talmud ai testi
altomedievali. Più sorprendente è l’immagine degli scritti del primo
islam, in cui Gesù appare a pieno titolo come un maestro di vita e di
fede, servo e profeta del libro della rivelazione ultima, il Corano.
Liberato da ogni compromissione mondana, Gesù è l’esempio dell’uomo pio,
votato a una vita ascetica, che si abbandona alla provvidenza divina.
Tratti che sono amplificati nella tradizione dei sufi, la corrente più
spirituale dell’islam, al punto che alcuni esponenti si ispirano al
modello di Gesù nel proprio percorso di santità, sino addirittura ad
al-Hallaj, condannato a morte e crocifisso nel 922 d.C. Ancor più
interessante il caso dell’India, dove tra la fine del XVIII secolo e il
XX molti intellettuali indù hanno cercato di elaborare una propria
visione di Gesù, spogliandolo dei tratti legati alla predicazione
missionaria cristiana, per comprenderlo invece alla luce delle categorie
del loro universo culturale e religioso. Un Gesù non cristiano ma il
cui messaggio ha contribuito significativamente alla nascita del moderno
induismo riformato.