venerdì 5 febbraio 2016

Corriere 5.2.16
Fedeli in coda, candele, telefonini Padre Pio entra nell’era del selfie
Roma, una folla visita la reliquia del santo. E c’è chi strofina anelli e foto
di Paolo Conti

Nella mano destra il cellulare, nella sinistra il rosario. La devozione 2016 ingloba il compagno più fedele della nostra contemporaneità, il telefonino, perché bisogna immortalare l’attimo anche pregando.
Dopo quattro e più ore di fila al gelo della tramontana romana che spira implacabile lungo la via Tiburtina, gli eterogenei fedeli dei due grandi confessori San Pio da Pietrelcina e San Leopoldo Mandic, superano l’ostacolo del lentissimo metal detector e approdano alle teche di cristallo che proteggono i due corpi. Sulla sinistra San Pio, sulla destra San Leopoldo.
Alla curva tra la navata destra che contiene la fila e l’altare, è una continua selva di mani alzate, impegnate nello scatto, con e senza flash, vecchi cellulari dei più anziani accanto a tablet e a smartphone di ultima generazione. Fotografano vecchi, ragazzi, suore, frati anziani, giovani donne con i figli. I vigili urbani. I carabinieri. I volontari della Croce Verde di Padova si raggruppano per uno scatto ricordo, spalle ai santi.
I frati cappuccini, dal microfono, recitano il Rosario con i Misteri della Luce. Prega l’intera basilica, e accanto alla telefonia riemergono gesti secolari. Mentre si sfila davanti alle teche si affida a un frate, a una volontaria un oggetto caro da far poggiare per un attimo sulle teche: una sciarpa, un cappello, le foto dell’intera famiglia. Soprattutto rosari (in sacrestia ne vendono a 10 euro, multicolori o austeri). E fazzoletti, buste con analisi cliniche, documenti universitari, un plico di lettere, una scatolina con due fedi nuziali portate da due ragazzi.
Le transenne hanno ospitato pellegrini in fila dalle 6 del mattino, i varchi hanno aperto alle 7. Lenti i controlli, molte le proteste, imponente il servizio di sicurezza. Tante le storie. Come quella di Gaetano D’Itria, siciliano di Aidone in provincia di Enna, una moglie e due figli più una in arrivo: «Dovevo venire qui, ero a Torino con la famiglia ma ho cambiato i miei piani. Nel 1995 morì il mio fratellino di dieci anni. Cominciai a sognarlo tenuto per mano da un uomo anziano. Ai tempi ignoravo chi fosse Padre Pio, non l’avevo mai visto. Dopo un anno e mezzo ho visto una sua foto e l’ho riconosciuto. Un’emozione fortissima. Da allora lo prego sempre».
Claudia Chidaldone assicura di «aver avuto una grazia, una cosa personale molto importante, un anno fa e dovevo essere qui». Fausto Da Paula (50 anni), con i figli Matheus (23) e Rafael (17) sono tre cittadini brasiliani in viaggio a Roma: «Siamo qui perché siamo credenti, abbiamo desiderio di pregare San Pio». Angela Liani ha una certa età ed è arrivata con la sedia pieghevole: «Sono sanlorenzina e me ne vanto, mamma e papà si sono sposati qui. Da anni dicevo: devo andare da Padre Pio... E alla fine è venuto lui da me, ed eccomi qui». Più laico Giampiero Gianfilippi: «Credo si possa pregare San Pio anche senza vederne il corpo, ma mia moglie ci teneva». Molte le carrozzine con malati o persone fisicamente svantaggiate di ogni età. Una ragazza con la mascherina verde viene aiutata ad avvicinarsi alle teche, piange e prega.
San Lorenzo fuori le Mura è un simbolo per Roma, rappresenta la prima grande ricostruzione di un luogo di fede nel dopoguerra dopo il primo devastante bombardamento alleato sulla Capitale del 19 luglio 1943. Qui è sepolto Alcide De Gasperi. E alle spalle c’è l’immenso Cimitero monumentale del Verano dove (si diceva così un tempo) è «sepolta mezza Roma».
La sacrestia funziona da centro di smistamento per i turni dei frati, per la stampa e le troupe televisive e come quartier generale di Teleradiopadrepio, con un grande camion per la regia mobile. Accanto al sacro, il doveroso profano con un catering artigianale per frati e media: fettuccine, un prosciutto da tagliare a mano, frappe e castagnole, formaggio, un thermos di caffè.
In cortile, padre Francesco Dileo, rettore del santuario di San Pio a San Giovanni Rotondo, spiega che «l’attualità e la forza del santo è nella sua radicalità nei confronti del Vangelo, di questo suo essersi messo a disposizione del Signore per l’opera che gli aveva affidato».
Da ieri sera le due teche sono a San Salvatore in Lauro. Oggi alle 16 grande processione «all’antica» per il centro di Roma con la traslazione fino a San Pietro. Paralisi della Capitale già annunciata.