Corriere 12.2.16
A Roma la sfida anti renziana La sinistra spera in Morassut
Primarie, si cerca la rivincita. La convergenza sul rivale di Giachetti
di Maria Teresa Meli
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i candidati alle primarie a Roma: Chiara Ferraro, Roberto Giachetti
(Pd), Roberto Morassut (Pd), Stefano Pedica (Pd), Domenico Rossi (Cd) e
Gianfranco Mascia (Verdi)
ROMA A Milano le primarie del
Partito democratico sono finite con la vittoria del candidato di Matteo
Renzi. Ora tocca a Roma e la minoranza interna spera in una rivincita.
Per
questa ragione i bersaniani si sono schierati con Roberto Morassut,
contro Roberto Giachetti. Un endorsement che ha anche un po’ imbarazzato
l’ex assessore alle politiche di programmazione e pianificazione del
territorio del Comune di Roma. Già, perché Morassut, che per molto tempo
è stato indeciso se scendere o no in campo, tant’è vero che si parlava
di lui come del possibile coordinatore della campagna elettorale di
Giachetti, fa parte della maggioranza del Partito democratico, tendenza
Walter Veltroni.
Il quale Veltroni è stato appunto uno dei grandi
sponsor di questa sua candidatura. Si racconta nel Transatlantico di
Montecitorio che l’ex segretario del Pd, nonché ex sindaco della
Capitale, non abbia gradito il fatto di non essere stato interpellato da
Matteo Renzi al momento della scelta del nome per Roma. L’ha vissuta
come uno sgarbo.
Ma il paradosso è che Bersani e Veltroni adesso
si ritrovano dalla stessa parte della barricata, contro il candidato
renziano, quando nel Partito democratico erano avversari. Di più:
Veltroni prima di dimettersi da segretario aveva accusato Bersani di
avergli lavorato ai fianchi per prenderne il posto.
Ma ormai nel
Pd gli schieramenti interni si formano non sulla base di proposte
comuni: ci si divide tra chi è contrario a Renzi e chi è favorevole.
Così è accaduto che la minoranza, orba di un candidato da contrapporre a
Giachetti, dopo la decisione dell’ex ministro dei Beni culturali
Massimo Bray di non candidarsi, si sia prontamente schierata con il
veltroniano Morassut. Il quale, un po’ a disagio per questo paradosso,
ha dovuto precisare di non essere il candidato di Bersani.
Comunque,
la sinistra del Pd ora punta sull’ex assessore della giunta Veltroni
per tentare di arginare Renzi. Gli obiettivi di questa operazione anti
premier sono due. Uno, più facile: dimostrare che il Pd a trazione
renziana non tira come quello di un tempo e perciò non è in grado di
portare a votare nei gazebo, il prossimo 7 marzo, centomila romani.
Perché tanti furono i partecipanti alle primarie che incoronarono
Ignazio Marino.
Il secondo obiettivo — la sconfitta di Giachetti
(e di Renzi) — appare più difficile da raggiungere. È vero che Morassut,
al pari della maggior parte dei suoi sostenitori, è un ex ds e, quindi,
viene percepito come uno della «Ditta», al contrario del vice
presidente della Camera che proviene dalla Margherita. Ma è anche vero
che con Giachetti si sono schierati esponenti del Pd che a Roma hanno
una certa influenza. Un nome per tutti, quello del presidente della
regione Lazio, Nicola Zingaretti, che ha inviato nel comitato per
primarie del vice presidente della Camera i suoi fedelissimi.
Persino
il candidato di Sel e dei transfughi pd, Stefano Fassina, che non può
essere accusato di avere simpatie per Matteo Renzi o per Roberto
Giachetti, pronostica la vittoria del vicepresidente della Camera alle
primarie: «Potrebbe perdere solo se andasse a votare poca gente».
Insomma, se si recassero nei gazebo solo i militanti della «Ditta» che
fu.