Repubblica 5.1.16
Le ferite della Francia a un anno da Charlie
di Marc Lazar
La copertina della rivista suscita l’indignazione di cattolici e islamici
GLI attentati contro Charlie Hebdo e l’Hyper Cacher, così come le grandi manifestazioni del gennaio 2015, saranno oggetto di importanti commemorazioni in Francia. Queste, però, sono iniziate nelle polemiche, scatenate dalla pubblicazione della copertina del prossimo numero di Charlie che mostra un Dio armato di kalashnikov. Un’immagine condannata sia dalla Chiesa Cattolica sia dai musulmani francesi. Commemorare, tuttavia, vuol dire organizzare la memoria collettiva, per trasporre nel presente un’esperienza passata. Un esercizio che non richiederà un grande sforzo, poiché è vivo il ricordo degli avvenimenti di un anno fa, accanto a quello degli attacchi del 13 novembre. La persistenza di questo trauma si spiega certo con l’estrema violenza di questi eventi, l’elevato numero di morti e feriti, la spettacolare drammatizzazione degli atti terroristici.
SEGUE A PAGINA 26 CADALANU E GINORI ALLE PAGINE 12 E 13
ILORO aspetti inediti e le caratteristiche degli autori. Tutto ciò alimenta una serie di domande ossessive sulle motivazioni e gli obiettivi dei terroristi, ma anche sulle conseguenze delle loro azioni, tra cui in particolare l’avanzata del Front National.
Come si è arrivati a questo punto? È la domanda fondamentalmente, che invita a un’interpretazione storica, a complemento delle spiegazioni politologiche e sociologiche su quei giovani provenienti dall’immigrazione, o da famiglie francesi da generazioni, improvvisamente convertiti a un certo islam, che rispondono all’appello della jihad. In verità, il sanguinoso 2015 ha fatto emergere in piena luce la profonda crisi sociale, culturale e politica che da vari decenni sta minando il Paese. E di fatto, ha eroso le fondamenta stesse della Francia moderna, nata dalla Rivoluzione del 1789, che ha perso — riprendendo la formula coniata da Enrico Berlinguer per la Rivoluzione russa — la sua spinta propulsiva: la Repubblica, la laicità, la passione per l’uguaglianza, l’elogio della libertà, lo Stato forte, la nazione, con la Storia al centro della sua narrativa, il posto della Francia nel mondo; e dal 1958, anno in cui fu instaurata la V Repubblica, le sue solide istituzioni, mantenutesi per decenni in sintonia con la società. Non tutti i francesi si sono riconosciuti in questi riferimenti, che hanno suscitato durissimi scontri. Ad esempio sulla nazione, che alcuni considerano come « un plebiscito di tutti i giorni » , secondo la formula di Ernest Renan. Mentre altri propongono una lettura etno- centrica, riassunta nello slogan classico dell’estrema destra “ la Francia ai francesi”.
Tuttavia un consenso maggioritario si è imposto intorno questi elementi fondanti. Gli storici ne discutono: quando hanno iniziato a destabilizzarsi? Nel 1918? Nel 1940, con l’umiliante tracollo davanti alle truppe tedesche? Con la guerra fredda?
Negli anni 70? Comunque sia, qualcosa è cambiato in profondità, soprattutto in questi ultimi tempi. Ad esempio sul tema dell’immigrazione: il modello d’integrazione basato sulla neutralità dello spazio pubblico, circoscrivendo la differenza al solo ambito familiare, si sta dimostrando meno efficace, a causa della disoccupazione di massa, della formazione di ghetti nelle banlieue, degli atteggiamenti di ripulsa o addirittura di odio nei confronti della Francia da parte di alcuni gruppi minoritari, dell’avanzata del fondamentalismo islamico, dell’espansione della delinquenza e della criminalità organizzata ecc. O con la profonda disaffezione verso le istituzioni, i partiti e i responsabili politici. O ancora con le mutazioni dello stato- nazione per effetto della trasformazione del capitalismo finanziario, dell’europeizzazione e della crescente domanda di decentramento; per non parlare del ridimensionamento del ruolo della Francia in Europa e nel mondo. Ma tutto ciò non va visto come un declino irreversibile. Mai prima d’ora la Repubblica è stata tanto spesso invocata, con un’immensa mobilitazione di cittadini e una pletora di simboli patriottici. Si profila forse una rifondazione delle sue basi e dei suoi valori, che suscitano intensi dibattiti e polemiche.
Il mondo segue con grande attenzione ciò che accade in Francia. Un Paese singolare, e non solo per la celebre « eccezione francese » . Grazie alla sua storia — i Lumi, i diritti dell’uomo e del cittadino, la libertà, l’uguaglianza, la fraternità, uno stile di vita, una forma di civiltà — la Francia riveste altresì una dimensione universale, che a volte può sconfinare nell’arroganza, ma che ha sempre attratto molti stranieri. Colpire la Francia equivale a colpire l’Europa. Quasi tutti i Paesi dell’Unione Europea, ciascuno con le sue singolarità, si trovano a confronto con sfide politiche, sociali e culturali comparabili, e devono affrontare le stesse minacce terroristiche e la stessa questione cruciale: come vivere insieme attorno a regole comuni, quando aumenta la diversità delle popolazioni, delle fedi e delle idee, e l’individualismo si accentua sempre più? Ogni Paese dovrà elaborare la sua risposta. “ Rimanendo tra noi!” urlano i populisti. Conciliando il livello nazionale e l’orizzonte europeo, proclamano gli europeisti. Ora, alle soglie del 2016, il silenzio dell’Europa sta diventando assordante. E rischia di provocare la sua disgregazione, precipitandola nell’abisso. È dunque quanto mai urgente rilanciare il progetto europeo e i suoi valori.
Traduzione di Elisabetta Horvat