Repubblica 22.6.16
I sogni atavici che vincono su ogni principio di realtà
di Marino Niola
In
principio era la fiaba. Lo diceva Paul Valéry condensando in un geniale
lampo poetico, secoli di teoria sull’origine di questi racconti pieni
d’incanto e di magia. Adesso anche la ricerca linguistica conferma che
le fiabe sono antiche quanto il mondo. Perché, da quando hanno preso la
parola, gli umani non hanno più smesso di raccontare storie di re e
draghi, principesse e sortilegi, animali parlanti e piante pensanti. Lo
dice la parola stessa, fabula, che deriva dal verbo latino fari, cioè
parlare. E dunque quelle storie che abbiamo tanto amato da bambini – e
che riassaporiamo con un pizzico di nostalgia grazie al cinema e alla
letteratura – non sono invenzioni recenti. Quei personaggi fatati, le
loro azioni e le loro funzioni non sono una cosa libresca. Sono figlie
della tradizione orale. Volano di bocca in bocca da millenni, molto
prima che gli scrittori antichi e medievali, e più tardi Charles
Perrault, Giovan Battista Basile, i fratelli Grimm, Alexander Afanasiev,
Vladimir Propp, Italo Calvino mettessero nero su bianco e le fissassero
per sempre.
I primi ad esserne convinti erano proprio Wilhelm e
Jacob Grimm, certi che molti di questi fortunati plot narrativi
precedessero l’invenzione della scrittura. In fondo il nostro
immaginario è stato formattato ab origine, in un tempo così remoto in
cui gli uomini si facevano domande su se stessi, sulla natura, sul
destino usando la lingua alata della fantasia.
Vista così la Bella
e la bestia diventa una parabola proto animalista per raccontare il
rapporto di attrazione-repulsione tra le specie. E la Sirenetta? È stata
scritta nell’Ottocento, è vero. Ma non è tutta farina del sacco del
danese Hans Christian Andersen. Perché in realtà sciami di donne pesce,
seduttive e trasgressive, surfeggiano da sempre sui mari
dell’immaginazione. Stesso discorso per i prìncipi che diventano rospi, o
per le zucche trasformate in carrozza. Metamorfosi che esprimono
un’idea di mondo che va al di là del principio di realtà: nulla è
veramente impossibile, ma tutto è immaginabile. E alla fine la fortuna
premia chi spera l’insperabile. Che sia Cenerentola o che sia Pretty
woman. E questa è la morale della favola.