mercoledì 20 gennaio 2016

Repubblica 20.1.16
Il cardinale Ruini.
L’ex capo della Cei che guidò il no alla fecondazione eterologa. “Giusto dare diritti alle persone omosessuali, non alle coppie”
“Quella legge è inammissibile la Chiesa si batte per i figli devono avere padre e madre”
intervista di Paolo Rodari

CITTÀ DEL VATICANO. Cardinale Ruini, il ddl Cirinnà arriva al Senato: lei cosa ne pensa?
«A mio parere sarebbe molto meglio che un disegno di legge di questo genere non arrivasse al Senato, o comunque non fosse approvato. Penso così non per ostilità verso le persone omosessuali. Al contrario, fin da quando ero giovane ho avuto rapporti di autentica amicizia con degli omosessuali. Semplicemente, non vedo come possa esistere un matrimonio, o un simil- matrimonio, tra due persone che unendosi non possono procreare e come si possa negare a un bambino il diritto di avere un padre e una madre».
Sul Family Day la Cei è prudente, anche se Bagnasco ha parlato di iniziativa condivisibile. Come giudica la posizione dei vescovi?
«Esprimo piena condivisione per le parole del cardinale Bagnasco. È giusto inoltre che protagonisti siano i laici ed è molto positivo che oggi questo emerga più chiaramente. Ma ciò non significa che i vescovi non possano esprimere il loro apprezzamento, anzi, una partecipazione che viene dal cuore. Questi, almeno, sono i miei sentimenti e penso quelli di tanti altri vescovi».
Non le sembra che il Family Day sia figlio di una visione del cattolicesimo lontana dal Vangelo? E’ Vangelo fare le barricate su alcuni princìpi portando coloro che la pensano diversamente a giudicare la Chiesa retrograda e crudele?
«Non posso che respingere con fermezza la tesi che impegnarsi pubblicamente su una questione di questo genere sia lontano dal Vangelo. Non si vogliono fare barricate contro nessuno, ma soltanto esprimersi a favore di qualcosa che si ritiene molto importante per le persone, le famiglie e la società. È una posizione condivisa anche da tanti non cattolici. Naturalmente sono leciti punti di vista opposti, con i quali non si avrà una guerra ma un confronto libero e democratico. Forse lei teme che ciò renda più difficile l’evangelizzazione, ma se questo timore porta i cristiani a tacere sulle cose concrete della vita è il Vangelo stesso a diventare insignificante».
Per la Costituzione la famiglia è fondata sul matrimonio. Nel 1948 si dava per scontato che fosse fra uomo e donna. Oggi non si dovrebbe riconoscere che la realtà è cambiata?
«La società è cambiata profondamente e la Corte Costituzionale provvede spesso ad aggiornare la Costituzione, qualche volta con sentenze discutibili. Ciò non significa che tutto debba cambiare. In concreto, è difficile sostenere che la famiglia possa fondarsi sull’unione tra persone dello stesso sesso».
Per la Chiesa avere figli non è un diritto. Alcuni studi dicono che le persone Lgbt hanno capacità genitoriali come tutti. Perché è un problema se una coppia gay adotta un bambino?
«Altri studi dicono esattamente l’opposto. E soprattutto c’è una differenza e complementarietà tra l’uomo e la donna che non è solo biologica ma affettiva, comportamentale e psicologica: di questa complementarietà il bambino ha bisogno».
La stepchild adoption è uno strumento di fatto già ammesso dalla legge 184. Perché non va bene?
«Ma la legge 184 parla di adozioni compiute da coniugi, cioè da due persone di sesso diverso: tanto è vero che il disegno di legge Cirinnà propone di inserire nel testo della legge 184, dopo la parole coniuge, le parole “o dalla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”. È questo che non va bene. Metto inoltre in guardia da un equivoco: molti pensano che la stepchild adoption significhi che un partner può adottare il figlio che l’altro partner ha avuto in precedenza, quando era eterosessuale. Ma non è così: quel figlio non può essere adottato perché ha già due genitori. La stepchild adoption riguarda i figli avuti con l’utero in affitto, se i due partner sono uomini, o con la fecondazione eterologa, se sono donne. Quindi figli “costruiti” appositamente».
Non è auspicabile che anche l’Italia abbia una legge sulle coppie di fatto?
«Una legge di questo genere si può fare, in Parlamento già esistono disegni di legge in merito. Per evitare il rischio di equiparazione al matrimonio bisognerebbe attribuire però i diritti alle singole persone che formano la coppia, e non alla coppia come tale. In concreto, quasi tutti questi diritti sono già riconosciuti da sentenze della magistratura. E poi: tutta la pressione si concentra non sui diritti delle coppie che possono avere figli, ma su quelli delle coppie omosessuali: è un atteggiamento molto lontano dalle esigenze reali di un Paese attanagliato dalla crisi delle nascite».