Repubblica 17.1.16
Una ventata nazionalista nel conflitto tra l’Italia e l’Europa
di Eugenio Scalfari
IL
TEMA dominante della settimana appena trascorsa è il contrasto tra il
governo italiano e la Commissione europea che governa il nostro
continente sotto lo sguardo vigile dei 28 Paesi che compongono l’Europa
confederata.
Il contrasto di cui parliamo avviene spesso tra un
singolo Paese e l’Ue quando qualcuno di essi vìola le regole, ma qui il
caso è diverso perché sono due politiche che si contrappongono
sull’economia, sull’equità sociale, sull’immigrazione, sulla
flessibilità, insomma su tutto. Renzi e Juncker hanno addirittura
valicato il linguaggio diplomatico e allusivo che si usa in questi casi
adottando frasi dirette e crude. «Siamo stati insultati da un governo
che abbiamo sempre favorito. Dunque è l’ora di fare i conti »: questo ha
detto infuriato Juncker, che verrà a Roma a fine febbraio. «Non siamo
di quelli che vanno a Bruxelles con il cappello in mano a impetrare
favori e non ci faremo dettare ciò che dobbiamo fare per il bene del
nostro Paese»: ha detto Renzi.
Le ragioni del contrasto, che ormai
è un vero e proprio conflitto, sono come abbiamo già detto numerose ma
non è chiara la ragione della sua vera e propria esplosione. Qualcosa di
altrettanto esplosivo era avvenuto tra Bruxelles e la Polonia,
affiancata dall’Ungheria e da altri Paesi del nordest europeo, ma in
quel caso il tema era uno soltanto: l’immigrazione. Tema enorme, che
durerà a dir poco per cinquant’anni e forse più e richiede
inevitabilmente una gestione europea poiché riguarda il continente
intero.
Se l’Europa non riuscirà a gestirlo unitariamente, il
patto di Schengen che ha abolito i confini intraeuropei salterà e l’Ue
cesserà di esistere.
SEGUE A PAGINA 29
IL CONFLITTO
Italia-Bruxelles non è tale da mettere in discussione l’Europa
confederata. Impedisce però che progredisca dalla Confederazione alla
Federazione. Renzi non vuole la Federazione, non vuole che i governi
nazionali siano declassati, non vuole gli Stati Uniti d’Europa. E questa
è la natura profonda del conflitto in corso a Bruxelles. Il governatore
d’uno qualunque degli Stati americani non potrebbe dire la frase: «Non
andrò a Washington con il cappello in mano», per la semplice ragione che
quel cappello, che sia in mano o in testa, non esiste. Il governo degli
Stati Uniti d’America sta a Washington e non altrove e il suo
interlocutore politico è il Congresso, composto da una Camera di
rappresentanti e da un Senato. I governi dei cinquanta Stati americani
governano i loro territori come in Italia i presidenti regionali
governano le Regioni e i sindaci i Comuni. La bandiera americana è
unica, unico è l’Esercito, unica l’Aviazione e unica la Marina. Qui in
Europa ogni Stato ha la sua bandiera, le sue Forze armate, le sue
capitali, la sua lingua. Di comune c’è soltanto la moneta, l’euro, che
però non è condivisa da tutti i 28 Stati dell’Ue ma solo da 19 e non c’è
un ministro del Tesoro europeo che sia l’interlocutore della Banca
centrale. Perciò lo ripeto: se a causa dell’immigrazione saranno
ripristinati i confini tra gli Stati membri dell’Ue, l’Ue cesserà di
esistere; se i singoli Stati rivendicheranno la loro autonomia e la
rafforzeranno mettendosi in contrasto con Bruxelles su questioni molto
importanti, non si farà alcun passo verso gli Stati Uniti d’Europa ed
anzi questa prospettiva salterà per sempre.
Sembrerebbe che Renzi
sia il più verace cultore di questa politica. Ma perché? *** Ci sono
ragioni specifiche ma il problema non è quello. Il nostro presidente del
Consiglio, il cui interesse sarebbe quello di rivendicare l’autonomia
del nostro governo ma di farlo sottovoce e nei modi appropriati, ha
adottato il tono quasi del comizio elettorale. E infatti è questa la
vera ragione: colpire con una ventata di nazionalismo l’opinione
pubblica italiana.
Le ragioni di questa ventata sono evidenti:
l’Italia, come praticamente tutta l’Europa, registra una crescente
indifferenza o addirittura disprezzo della politica; il partito degli
astenuti, che rappresenta il 40 per cento, continua a crescere e tra i
partiti che andranno a votare alcuni sono programmaticamente contrari
all’Europa e all’euro: i 5Stelle, la Lega, i Fratelli d’Italia. Stando
ai sondaggi la somma di questi tre partiti arriva al 45 per cento dei
votanti (27 per cento del corpo elettorale). La somma tra chi non vota e
chi, votando, denuncia l’Europa e la moneta unica, arriva quindi al 67
per cento del corpo elettorale. Chi vota entro il quadro dell’Ue e
dell’euro non rappresenta più del 33 per cento del corpo elettorale.
Questa è la situazione italiana ma lo stesso fenomeno di astensione e di
voti contro l’Ue è presente in molti altri Paesi europei anche se le
percentuali sono diverse, alcune addirittura maggiori delle nostre,
altre minori. Esistono e tendono a crescere in Polonia, Ungheria,
Romania, Slovacchia, Bulgaria, Macedonia, Grecia, Spagna, Francia,
Olanda, Gran Bretagna, Germania, Lituania, Estonia, Lettonia. Insomma
ovunque.
Questa essendo la situazione europea e italiana, che cosa
ha pensato Renzi? Il suo partito, il Pd e il governo da lui presieduto
sono in linea di principio europeisti, come europeisti sono i partiti di
centrodestra e tali intendono rimanere, ma la ventata di nazionalismo è
comunque una novità, un cambiamento per usare una parola che a Renzi
piace molto. Sembra una parola vecchia il nazionalismo, non si usa più
dai tempi di Mussolini e dell’Msi del dopoguerra.
Renzi l’ha
rispolverata con l’obiettivo di scuotere gli indifferenti e di togliere
voti ai partiti e movimenti che voteranno contro l’Ue e contro l’euro.
Ci riuscirà? Lui pensa di sì, anch’io penso di sì o almeno riuscirà a
non perder voti su quel terreno. Altri pensano invece il contrario:
perderà i voti di quanti sono decisamente contrari al nazionalismo. Nel
Pd ce ne sono molti, direi la maggioranza. Ma non credo che
avvertirebbero quella ventata. Guarderanno semmai al merito economico
del conflitto Italia-Europa e quel merito lo condivideranno perché è uno
strumento in favore d’una politica economica di crescita, di
post-keynesismo, di flessibilità tale da favorire sia gli imprenditori
sia i lavoratori.
La ventata di nazionalismo va bene per i comizi,
ma non toglie voti al Pd e forse gliene procura qualcun altro dal
populismo anti-europeo. Esiste il rischio che il populismo inquini anche
il Pd? Questo sì, quel rischio esiste, anzi se vogliamo dire tutta la
verità quel rischio si è già in parte verificato, la Leopolda renziana è
pieno populismo. Quando si dice che il Pd renziano è più un partito di
centro che di sinistra, non si dice tutto, il partito democratico
renziano è certamente di centro ma è anche populista perché Renzi ha
l’intonazione populista. Non è un insulto ma una constatazione. ***
Questo fenomeno renziano- leopoldista lo vedremo dalla fine di gennaio
all’opera fino ad ottobre, la data in cui dovrebbe svolgersi il
referendum costituzionale- confermativo sulla legge che modifica la
Costituzione a cominciare dall’abolizione del Senato, trasformato in
organo di competenza territoriale.
Sono mesi che segnaliamo le
storture del referendum confermativo che, a norma della Costituzione, è
privo di un quorum. Chi va a votare e ne ha i requisiti, determina
l’esito: che vinca il sì legalizzando in tal modo la legge di riforma, o
che vinca il no con la conseguente cancellazione della suddetta legge,
l’esito non dipende dal numero dei votanti; fosse pure un solo votante, è
lui che sceglie per tutti gli italiani.
Naturalmente non sarà uno
solo, anche se il numero degli astenuti sarà molto alto. Renzi ha
trasformato il referendum in un plebiscito perché ha detto e più volte
ripetuto che se i no sopravanzano i sì lui abbandonerà la politica.
Quindi, in realtà, non si vota soltanto per la legge di modifica della
Costituzione ma si vota soprattutto pro o contro Renzi. Questa posizione
poteva anche esser passata sotto silenzio e poi decisa da Renzi ad
esito avvenuto; invece è il tasto più battuto ed è questo che fa
diventare il referendum un plebiscito. Aumenterà il numero dei votanti?
Io credo di sì, lo aumenterà. Questo rende inutile o comunque accantona
il problema del quorum? Sì, lo accantona ma non lo elimina. Se ne potrà,
anzi se ne dovrà discutere a tempo debito. Per quanto mi riguarda
continuo a dire che il quorum è necessario ma, ripeto, per questa volta
trascuriamolo.
Il risultato per Renzi è scontato: vincerà, i no
saranno assai meno dei sì. I primi sondaggi danno infatti i sì a oltre
il doppio dei no. Se, come è probabile, andranno a votare una quarantina
di milioni degli aventi diritto, i sondaggi ne danno trenta ai sì e
dieci ai no con tendenza a lieve crescita dei no. È tuttavia possibile
che i no aumentino in modo più sostanziale, fino a diventare competitivi
per la ragione che se un Renzi sconfitto abbandona non soltanto il
governo ma la politica, allora il tema non è soltanto la legge in
questione ma si estende anche al partito Pd e alla sua guida che in quel
caso sarebbe probabilmente non renziana.
Comunque l’uscita di
scena di Renzi non interessa solo il Pd e la sinistra ma anche il centro
e anche la destra. Interessa tutte le forze politiche. Da questo punto
di vista il comitato di sinistra che sta raccogliendo firme non ha molto
peso. Non si tratta di raccogliere firme per chi propugna il no, ma per
contrapporre ai sì che saranno certamente molti, un sostanziale numero
di voti contrari. Personalmente voterò no perché sono contrario alla
riforma del Senato, ma se si trattasse solo di Renzi, dovrei pensarci
prima di decidere. Quel che è importante è che il referendum senza
quorum dimostri l’esistenza di una vera democrazia e quindi di una
contrapposizione tra chi approva e chi è contrario con dimensioni in
qualche modo equivalenti. Una vera democrazia esiste perché ci sono idee
contrapposte che si misurano e poi vinca il migliore. *** Poche parole
su un tema importante e scottante: la legge sulle unioni civili. Qui si
tratta di diritti e i diritti che si riescono ad ottenere valgono in
eguale misura per tutti i cittadini indipendentemente dall’età e dal
sesso. Le unioni civili che danno diritto alla convivenza,
all’assistenza reciproca, ai lasciti testamentari, alle pensioni
reversibili, valgono per tutti. Qualche dubbio può sorgere per il
cosiddetto utero in affitto, ma se l’embrione conservato in deposito e
usabile su richiesta è accettato, allora anche l’utero in affitto è
accettabile, sono due forme equivalenti di procreazione assistita.
Il
tema controverso è quello dell’adozione di figli da parte di coppie del
medesimo sesso. Per quel che vale dico il mio parere: per un bambino è
meglio due madri o due padri piuttosto che un orfanotrofio. Meglio soli
che male accompagnati vale per gli adulti ma non per i bambini.