domenica 17 gennaio 2016

Repubblica 17.1.16
La lite con Bruxelles si accenderà nei prossimi giorni con la procedura d’infrazione sul salvataggio di Ilva e banche
I nuovi timori del governo rischio crescita nel 2016 “Il Pil non arriverà all’1,6%”
di Alberto D’Argenio

ROMA. La battaglia mediatica, fatta di dichiarazioni e scontri mai così roboanti tra Italia ed Unione. Dietro le quinte il negoziato tecnico, alla perenne ricerca di una soluzione e sempre più influenzato dalle polemiche pubbliche. Con un tassello preoccupante per l’Italia che si va aggiungendo in queste ore: la stima di crescita del 2016, fissata dal governo all’1,6%, probabilmente a fine anno sarà disattesa. Al ribasso. Lo sanno al Tesoro, dove spiegano diplomaticamente che «l’entusiasmo sul Pil si è un po’ raffreddato». E lo sanno a Bruxelles, dove aspettano al varco l’Italia. Se la manovra sarà bocciata, l’esame è stato rinviato ai primi di maggio proprio per vedere se i numeri quadrano, Roma finirà in procedura per deficit, commissariata. Togliendo a Renzi la possibilità di tagliare le tasse nel 2017 e 2018, gli anni cruciali per il suo futuro politico causa elezioni.
Eppure a Roma una strategia per superare lo scoglio ce l’hanno. Renzi con i suoi parla di «tesoretto». Premessa: l’Italia nel 2016 doveva portare il deficit dal 2,6% all’1,4%, Roma ha già ottenuto uno sconto Ue fino all’1,8%, a novembre ha stretto un accordo (non pubblico) per ottenere il via libera al 2,2% (flessibilità su riforme e investimenti) ma poi dopo gli attacchi di Parigi ha chiesto di arrivare al 2,4% per spese in sicurezza.
Alla Ue non va giù. Credono Renzi esageri con le richieste di flessibilità (in tutto 16 miliardi). Non vogliono considerare costi legati alla sicurezza i 500 euro di bonus in cultura promessi ai neo 18enni. E guarda caso ieri Renzi ha ribadito: «Per ogni centesimo investito in sicurezza un centesimo per la cultura. Così Dio salva l’Europa, non con gli zero virgola». Zero virgola, appunto. Renzi grazie al tesoretto accantonato sin da dicembre, alle spese in sicurezza che alla fine potrebbero rivelarsi meno costose del previsto e a qualche aiuto dallo spread e dalle entrate conta di rosicchiare circa un miliardo e mezzo e chiudere, nonostante la crescita più bassa, con un deficit al 2,3% ed è convinto che per uno scarto di un decimale Bruxelles non manderà l’Italia sul patibolo rischiando una guerra politica senza precedenti e la furia dei mercati.
Più difficile la battaglia per il 2017: l’Italia dopo la flessibilità ricevuta dal 2015 dovrà risanare pesantemente. Sommando l’aggiustamento del deficit ai soldi per disinnescare le clausole di salvaguardia (aumento Iva) dovrebbe pagare un conto da 25 miliardi. Renzi non ne vuole sapere, nel 2017 e 2018 ha promesso il taglio di Ires e Irpef. La strategia di Chigi è quella di aggirare il divieto di reiterare negli anni la flessibilità ottenendola nei fatti ma chiamandola con un altro nome. Di questo parlerà il 29 gennaio con Angela Merkel a Berlino. Chiederà la riscrittura di alcuni parametri tecnici (crescita potenziale, che confrontata con la crescita reale di un Paese determina lo sforzo di risanamento che gli spetta; criteri con cui si calcola il deficit strutturale).
Con queste armi - tecniche - Renzi conta di evitare la stangata nel 2017. E per farcela proseguirà nella sua polemica costante con l’Europa, buona anche a ottenere consenso in patria ma a rischio di rivelarsi controproducente a Bruxelles se si infiammano troppo gli animi. C’è poi la politica: da un lato la minaccia del Pd di portarsi dietro il gruppo socialista a Strasburgo, del quale è il primo partito, e mettere in discussione la fiducia alla Commissione di Juncker. Non a caso è in corso un negoziato riservato con la Spd tedesca volto a confermare Schulz (ne parlerà anche con la Merkel) alla guida dell’Europarlamento in cambio del sostegno all’atteggiamento bellicoso del Pse, così come sono in corso manovre distensive con il Ps francese dopo le frizioni Renzi-Hollande.
Ma a Bruxelles le battaglie non si esauriscono con i conti. Una buona notizia potrebbe arrivare ad ore, con il nuovo schema di Bad Bank presentato mercoledì scorso da Padoan che secondo i primi riscontri della Commissione dovrebbe essere approvato. Così come la Commissione ha dato l’ok a liquidare subito alle banche i crediti di imposta per rinforzare il credito (una legge ad hoc arriverà in Cdm entro gennaio). Problemi invece in arrivo sull’Ilva: Bruxelles martedì aprirà la temuta indagine per aiuti di Stato, ma in forma meno intrusiva del previsto.