sabato 30 gennaio 2016

La Stampa TuttoLibri 30.1.16
“Donne molestate a Capodanno? La colpa non è dell’immigrazione”
Simone Buchholz vive e racconta un quartiere multietnico di Amburgo “Le aggressioni sono opera di ubriachi, anche biondi e con occhi azzurri”
intervista di Elisabetta Pagani

Ogni romanzo di Simone Buchholz è un capitolo della storia criminale di Amburgo. Nelle pagine dei suoi gialli, fra le banchine del secondo porto più grande d’Europa e le strade del vivace e multietnico quartiere di St Pauli, si aggirano serial killer psicopatici, loschi funzionari della criminalità organizzata con mani in pasta nell’edilizia e trafficanti di droghe d’importazione.
È qui, nei pressi della famosa Reeperbahn, dove si addensano i bar più gettonati e una sfilza di locali a luci rosse, che vive Buchholz, scrittrice e giornalista. Ed è qui che Chastity Riley, la procuratrice nata dalla sua fantasia e protagonista di tutti i suoi romanzi, si destreggia tra omicidi, amori sbilenchi e troppe sigarette. Un incrocio di strade, quello fra la Reeperbahn e la Große Freiheit, che nei giorni successivi a Capodanno è rimbalzato da una parte all’altra del mondo per le denunce di furti e molestie sessuali sporte da oltre 130 donne nei confronti di uomini «con sembianze africane, arabe o sud europee». L’onda lunga delle aggressioni di massa, per cui sono indagati alcuni immigrati, avvenute a Colonia, Stoccarda, in Svezia e in Austria.
La sua pm, Chas per gli «amici lettori», si muove proprio in quelle strade ma (per ora) ha a che fare con altro. Nel romanzo d’esordio da poco pubblicato in Italia, Revolver, è sulle tracce di un serial killer che toglie lo scalpo alle ballerine dei night, e in Blaue Nacht, che uscirà a marzo in Germania, deve smantellare un traffico di metanfetamine in arrivo dalla Repubblica Ceca.
È un tipo tosto e allo stesso tempo fragile la sua pm.
«È una donna con cui qualche volta mi piacerebbe bere una birra. Per la sua storia ho preso spunto dai bambini che vedevo nella mia scuola negli Anni 70. Sono nata ad Hanau, Germania centrale, e in ogni classe c’erano studenti figli di madri tedesche e padri americani. Soldati che tornavano negli Usa e spesso non vedevano più i loro figli. Era molto triste. Chastity Riley è una di loro. Non ha una vera famiglia e la cerca fra poliziotti, ex detenuti e gestori di bar di St Pauli».
Per professione osserva e racconta il crimine. Com’è cambiato ad Amburgo in questi anni?
«Non credo sia cambiato. Sono cambiate le mie paure, e quindi il focus delle mie indagini. In Revolver mi concentro sul terrore dell’incontro con uno psicopatico. Nei romanzi successivi sulla mafia albanese, qui molto radicata, o sul traffico di stupefacenti in arrivo da Est».
Amburgo è una città giovane, libera e ricca, con tassi di disoccupazione invidiabili. Una delle mete dell’immigrazione. Durante l’emergenza si sono toccati i 400-500 arrivi al giorno. Che impatto ha avuto sulla città?
«Amburgo è una città portuale, da sempre popolata da immigrati: italiani, polacchi, turchi... I nuovi arrivi non hanno creato problemi di criminalità né di lavoro, anche se i numeri sono consistenti. La vera questione sono gli spazi: gli appartamenti non si trovano e l’accoglienza diventa complicata».
Che differenza c'è con l’immigrazione turca che contribuì al «miracolo economico» tedesco?
«Non credo ci siano differenze. Ancora oggi ci sono immigrati di terza generazione che non parlano tedesco e molti altri che sono invece integrati».
Le aggressioni di Capodanno sono avvenute a St Pauli, lei c’era?
«Io ci vivo, ma scappo ogni volta che c’è troppa confusione. Le aggressioni sono avvenute sulla Große Freiheit, la via del divertimento. Ci passo anche di notte e non penso sia pericoloso. Purtroppo la verità è che aggressioni di questo tipo capitano da sempre dove c’è una concentrazione di uomini ubriachi. E i tedeschi bevono tanto. Io ho 44 anni, sono fuori target forse, ma quando ero giovane mi è successo più volte. La differenza a Capodanno l’hanno fatta i numeri, enormi, delle vittime».
Un caso esploso in piena emergenza immigrazione. Con la sua eco di polemiche e paure.
«L’immigrazione non c’entra nulla. I conservatori danno addosso ai migranti ma sono stati loro i primi a schiacciare le donne privandole dei loro diritti. Vorrei raccontare loro cosa mi è successo proprio poco tempo fa: di ritorno da casa di un’amica sono stata infastidita da due giganteschi e biondissimi tedeschi. Sono riuscita ad allontanarli solo perché in passato ho fatto lezioni di kung fu».
Ma la libertà delle donne che fine ha fatto?
«C’è, ma bisogna difenderla. E continuare a parlare di quello che succede, comprese le violenze quotidiane. Ripeto, purtroppo sono scene che, almeno in Germania, si rischiano ovunque si raduni una massa di uomini ubriachi».
Il 4 febbraio andrà a Colonia per il carnevale dedicato alle donne?
«No, e spero che nel caos non succeda nulla».
La Germania in pochi mesi sembra passata da paladina dei migranti a Paese che fa traballare Schengen. Cos’è successo?
«Non so, mi guardo intorno e osservo le mosse di Angela Merkel. Personalmente mi sento in mezzo ad una tempesta».