La Stampa 9.1.16
Rolex regalati in Arabia e Airbus 340
Il danno d’immagine preoccupa il premier
I timori del leader Pd per le accuse degli “anticasta”
di Fabio Martini
Un
venerdì di palpabile nervosismo a palazzo Chigi, con lo staff del
Presidente più inavvicinabile del solito, concentrato sul compito di
mettere a fuoco e fugare illazioni su due vicende di piccolo cabotaggio
ma potenzialmente capaci di intaccare il bene al quale Matteo Renzi
tiene di più: la sua estraneità alla “Casta”. Nulla di personale nelle
due storie che si sono affollate nelle ultime 48 ore. Anzitutto c’è il
piccolo mistero che circonda il destino dell’Airbus 340 (più grande di
quello del Papa) che avrebbe dovuto sostituire il vecchio aereo della
Presidenza del Consiglio: diventato un caso alcuni mesi fa, è stato
«rimosso» dalla circolazione. E ieri è affiorata anche una storia di
Rolex distribuiti a suo tempo in Arabia Saudita dai padroni di casa alla
delegazione italiana e che potrebbero essere stati incamerati da
dirigenti e funzionari del governo in barba alla direttiva del governo
Monti, che impedisce di accettare doni per un valore superiore ai 150
euro. In entrambi i casi, palazzo Chigi ha replicato con comunicati
precisi ma stringati, che non hanno consentito di chiudere in modo
definitivo i due casi. In particolare quello dei Rolex, sollevato da un
documentato articolo del «Fatto quotidiano».
Per
Renzi si tratta di questioni sensibili, più di quanto non potessero
esserlo per politici di lungo corso della Prima e della Seconda
Repubblica. La sua ascesa politica è stata accompagnata da una campagna
vincente contro la precedente classe dirigente, messa sotto accusa per
il suo attaccamento alle “poltrone”, in parole povere per il suo essere
“Casta”. Ecco perché Renzi tiene a dimostrare la sua estraneità a quei
vizi, ecco perché soffre (senza dare a vederlo) tutto quello che lo
accosta a certe abitudini. Ieri mattina il «Fatto quotidiano» ha
pubblicato un articolo nel quale si raccontava una storia da film dei
«cinepanettoni»: nella notte del 9 novembre nel palazzo reale di Ryad,
dove è ospitata la delegazione italiana al seguito del premier, si
scatena una rissa verbale tra dirigenti e funzionari per incamerare i
regali più «appetitosi» messi a disposizione dai sauditi: dei Rolex
d’oro. Lo scontro imbarazzante: la scorta della Presidenza requisisce i
doni. Ma al ritorno in Italia resta il dubbio: che fine hanno fatto i
Rolex? Qualcuno se li è tenuti? Una direttiva emanata dal governo Monti
impedisce ai funzionari (ma non al presidente del Consiglio e ai
ministri) di trattenere regali con un valore superiore ai 150 euro, che
vanno restituiti o devoluti al Mef. Palazzo Chigi ha precisato che dei
doni si occupa «il personale della Presidenza non le cariche
istituzionali». Resta un dubbio: quanti doni sono stati silenziosamente
incassati a Ryad e soprattutto in altre occasioni?
Si
deve invece a Renzi la decisione, nella primavera 2015, di affrancarsi
dal vecchio A319 per prendere in leasing un jet super-accessoriato, più
potente di quelli del Papa e di Hollande. Una debolezza del premier per
gli status symbol del potere? Sta di fatto che appena il super-jet
attira l’attenzione dei media, Renzi lo fa ritirare dalla circolazione.
Due giorni fa il sito Aviazionecivile.it annunciava l’arrivo a
Fiumicino, ma palazzo Chigi ha sentito l’urgenza di smentire: «L’arrivo è
rinviato a data da destinarsi».