La Stampa 8.1.16
Merkel l’anno più nero
di Gian Enrico Rusconi
«Merkel dove sei? Cosa dici?». Il cartello innalzato da un gruppo di donne a Colonia esprime il pensiero di moltissimi tedeschi. Come attesa di parole più precise e concrete da parte della cancelliera al di là della condanna dei «fatti ripugnanti e criminali».
La Germania è sconcertata e insicura come non mai, dopo quanto è successo la notte di San Silvestro. Nel passato aveva affrontato parecchie situazioni difficili - la crisi dell’euro, il caso greco, la latente crisi energetica minacciata dal conflitto russo-ucraino. E ogni volta la cancelliera aveva trovato la soluzione. A lei ci si poteva affidare.
Poi, inattesa, è arrivata la sua decisione di accogliere centinaia di migliaia di profughi. Dopo i primi giorni di stupita euforia, sono cominciate le polemiche e le critiche sulla stampa e sui media. Da parte degli europei, dopo i primi elogi è arrivata la reticenza, la resistenza e l’aperta ostilità quando la Merkel ha cercato di coinvolgerli nell’operazione.
Nonostante ciò alla fine la maggioranza dei tedeschi - forse più rassegnati che convinti - ancora una volta hanno dato credito alla loro cancelliera, anche perché (non dimentichiamolo) ha promesso di controllare presto ed efficacemente l’afflusso dei profughi - senza rinunciare al principio del diritto d’asilo. In effetti stava facendo passi in questa direzione.
Ma nell’ultima notte del 2015 - l’anno terribile - è accaduto qualcosa di imprevedibile che ha cambiato il quadro di riferimento. Culturalmente prima ancora che materialmente. La Germania ha subito un’offesa intima, inaspettata, immeritata, della cui natura non sa ancora capacitarsi. Non sa neppure come identificarla, come chiamarla al di là della pura violenza sulle donne.
L’univoca esclusiva, seppur generica, individuazione dei violenti come di origine «araba o nordafricana» - secondo la testimonianza di molte vittime - è bastata per mettere sotto accusa la cultura islamica come tale. E quindi condannare la politica dell’accoglienza promossa dalla Merkel e le sue (ingenue) attese di integrazione.
Voci politiche autorevoli, comprese quella del ministro degli Interni Thomas de Maizière (che lealmente non ha mai nascosto le sue critiche alla cancelliera) hanno ribadito che «non c’è la minima indicazione che tra i colpevoli vi siano profughi attualmente ospitati nei centri della città, ogni supposizione in tal senso è assolutamente inattendibile». Ma l’associazione tra violenza e immigrati musulmani o semplicemente cultura islamica è più forte di ogni assicurazione. La reticenza o la prudenza della stampa a stabilire collegamenti diretti diventa motivo di feroci polemiche. Ma ci si è chiesti anche se la focalizzazione dell’attenzione sull’origine etnico-nazionale degli aggressori non sia un modo di sottovalutare ancora una volta la violenza specifica di genere dei fatti di Colonia e altrove. Il risultato è una grande incertezza e confusione verbale e mentale tra sessismo, razzismo, cultura maschilista islamica e pura e semplice violenza contro donne che non ha confini geografici e culturali.
Rimane tuttavia incomprensibile l’inefficienza e l’impotenza della polizia di Colonia, non solo nella notte di San Silvestro, ma anche nei giorni immediatamente seguenti. E’ incredibile che vengano segnalati sospettati soltanto parecchi giorni dopo l’episodio. La notizia poi che da tempo si registrava nelle grandi città tedesche un aumento di criminalità giovanile, di furti e di rapine con metodi che, in misura meno appariscente, ricalcano quelli di Colonia - è una notizia che, lungi dal valere come giustificazione, aggrava l’insipienza degli organi della forza pubblica.
Non so se il clima di insicurezza in cui è piombata la Germania avrà ripercussioni politiche dirette, a vantaggio delle forze che noi etichettiamo «populiste». La coalizione al governo è profondamente divisa. La Spd vuole una riduzione dei profughi, ma non sa come attuarla. La bavarese Csu insiste sulla necessità di un «tetto» insuperabile di accoglienza e il rigoroso controllo dei confini (con buona pace di Schengen). La cancelliera è di fatto sempre più sola. Sarà difficile per lei mantenere il consenso faticosamente ottenuto al Congresso del suo partito (Cdu) a metà dicembre, quando con successo aveva motivato l’orgoglio democristiano per le sue politiche della migrazione. Adesso le donne di Colonia - e non soltanto loro - attendono parole ben più forti e convincenti.