venerdì 8 gennaio 2016

La Stampa 8.1.16
Banca Etruria è insolvente, ora i pm possono indagare per bancarotta
Il liquidatore prepara la causa contro gli ex vertici. La Procura accelera
di Gianluca Paolucci


L’atto è del 28 dicembre scorso. Si tratta della dichiarazione d’insolvenza della vecchia Banca Etruria pronunciata dal commissario liquidatore Giuseppe Santoni. Un passaggio formale ma atteso. Che fa scattare la possibilità di avviare accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria anche per il reato di bancarotta. Ad anticiparlo, in qualche modo, era stato lo stesso procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, quando è stato sentito al Csm proprio il 28 dicembre per fornire chiarimenti sul suo incarico di consulenza presso il ministero. Santoni è a capo di quella che è stata chiamata la «residual entity», ovvero ciò che resta della vecchia Etruria dopo lo scorporo delle sofferenze finite nella bad bank comune con Banca Marche, CariFerrara e CariChieti e della parte «buona» che è andata a costituire la Nuova Banca Etruria. Questa «residual entity», priva della licenza bancaria, è in liquidazione dal 9 dicembre scorso. Con Santoni, lavora un comitato di sorveglianza formato da Antonio Pironti (presidente), Toni Atrigna e Andrea Guaccero. Tra i compiti principali - forse il principale - di questa «entità residuale» c’è quello di portare avanti le azioni di responsabilità contro gli esponenti della passata gestione. Una parte estremamente importante, che potrebbe avere anche significativi risvolti per i risparmiatori che hanno perso i propri investimenti con la risoluzione della banca decisa dal governo con il decreto del 22 novembre scorso.
In attesa di possibili, ulteriori sviluppi, alla procura di Arezzo riprendono i lavori dopo la pausa natalizia sui vari filoni dell’inchiesta su Etruria.
Il fascicolo sul quale si sta concentrando l’attenzione degli inquirenti è quello che ipotizza la violazione delle norme sul conflitto d’interessi, che coinvolge per quanto noto l’ex presidente Lorenzo Rosi e Luciano Nataloni, commercialista fiorentino membro indipendente del Cda fino al commissariamento. Ai due viene contestato di aver effettuato una serie di operazioni come esponenti della banca senza rivelare la natura del proprio conflitto d’interessi, con posizioni finite poi ad incaglio o sofferenza. La figura chiave in questo filone è, per quanto emerso finora, proprio Nataloni. Con lui infatti hanno relazioni di vario tipo tutte e quindici le società le cui operazioni sono finite nel mirino di Bankitalia e poi della procura, che ha deciso la sua iscrizione al registro degli indagati. Comprese quelle le cui operazioni sono contestate anche a Rosi - anche lui indagato -, ovvero La Castelnuovese, grande coop toscana del settore edile, e la Città di Sant’Angelo, società nata per realizzare un outlet alle porte di Pescara. Un filone questo che potrebbe anche allargarsi, dato che le operazioni dubbie rilevate da Bankitalia sono ben più numerose.
Per l’ostacolo alla vigilanza, per il quale è stato depositato l’avviso di fine indagini lo scorso luglio, sono attese le richieste di rinvio a giudizio del pm. In questo filone risultano indagati l’ex presidente (fino al maggio 2014) Giuseppe Fornasari e l’ex direttore generale Luca Bronchi, oltre alla banca stessa e ad un altro manager dell’istituto. I fatti riguardano la cosiddetta operazione Palazzo della Fonte, con la quale Banca Etruria scorporato parte del proprio patrimonio immobiliare, ceduto ad un veicolo societario del quale ha mantenuto una quota di minoranza. Il secondo fascicolo, per il quale l’avviso di fine indagini è arrivato nel novembre scorso, prende spunto ancora dall’operazione Palazzo della fonte e riguarda l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Indagati ancora Fornasari e Bronchi, più Lorenzo Rosi, diventato nel maggio del 2014 presidente dell’istituto aretino. Con loro sono indagati anche Fabio Palumbo ed Ernesto Mocci, ex manager e tuttora soci della società di consulenza Methorios Capital, quotata sul segmento Aim che ha tra i suoi soci l’imprenditore e politico romano Alfio Marchini.
Prima di Natale è stato poi aperto un ulteriore fascicolo, con l’ipotesi di reato di truffa, sulla base delle denuncie presentate da singoli risparmiatori e da associazioni di consumatori.