domenica 10 gennaio 2016

Il Sole Domenica 10.1.16
Fonti per l’arte
Firenze del Quattrocento illustrata
di Cristina Acidini

Da anni il Codice Rustici rappresenta un punto di riferimento ineludibile per gli studi sulla Firenze del Rinascimento, in quanto scritto e illustrato nella prima metà del Quattrocento, in quell’aurea stagione che vide la fioritura culturale e architettonica della città dei mercanti-banchieri e degli umanisti, dei grandi teologi e dei grandi artisti.
Il manoscritto, curato dall’orafo Marco di Bartolommeo Rustici, fu acquistata nell’Ottocento dal Rettore del Seminario Maggiore di Firenze Antonio Dall’Ogna, e da allora è il gioiello incontrastato di quella ricca biblioteca diretta da Elena Gurrieri, che è stata promotrice e curatrice dell’impresa editoriale iniziata molti anni fa. Essa - resa possibile da Leo S. Olschki editore con il decisivo sostegno dell’Ente CR Firenze - si deve a una squadra di specialisti, anzitutto a Kathleen Olive e Nerida Newbigin, italianiste di Sydney, concentrate per anni sull’edizione critica del testo, e poi ad autori diversi per gli scritti di commento.
È dunque oggi finalmente disponibile una curatissima edizione facsimile col corredo di saggi e apparati, che non solo riproduce tutte le illustrazioni, ma permette di rapportarle puntualmente al testo.
Il Codice narra di un viaggio dell’autore a Gerusalemme per visitare il Santo Sepolcro, con un resoconto dettagliato che descrive i percorsi, le rotte, le cose viste e le esperienze fatte in Terrasanta. Ma il viaggio, forse solo immaginario, per l’orafo scrittore s’inseriva nella storia e nella geografia del Mondo, avente il suo inizio con la Creazione e il suo fulcro nell’amata Firenze. Così le illustrazioni, che si susseguono nei bordi, affrontano coraggiosamente soggetti impegnativi in forma di diagrammi o di scene figurate: i sette giorni della Creazione e i fatti biblici fino alla Regina di Saba, l’allegoria delle età dell’uomo dal vigore della fanciullezza al declino della vecchiaia, le grandi città antiche (con Fiesole capostipite delle città d’Europa), e poi Firenze (presidiata dagli umanisti) con la magnifica triade sacra - Battistero, Duomo, Campanile -, le chiese, i santi, per finire con un repertorio naturalistico di animali e vegetali.
Marco Rustici si avvalse di molte fonti, scritte e visive, cosicché il suo lungo lavoro, che occupa quasi lo stesso arco di tempo della Porta d’Oro creata dal più celebre collega Lorenzo Ghiberti (1425-52), risulta una summa del sapere antico e contemporaneo. La sua formazione, al di là del tirocinio di bottega, avvenne sui grandi cicli di affreschi di Giotto e giotteschi, ma anche sulla pittura dei coevi Masaccio e Angelico, sulla statuaria del duomo e di Orsanmichele, sui bronzi del Ghiberti.
Sono giustamente notissime alcune delle vedute del Codice, a cominciare dal Battistero, cesellato prisma incrostato di marmi, e da Santa Maria del Fiore con la facciata di Arnolfo, il campanile di Giotto e la cupola del Brunelleschi, tutti ben delineati. I mezzi tecnici sono minimali: matita, penna, le poche terre color bruno, rosso, verde, qualche tocco di costoso azzurro. Ma l’effetto è grandioso, dalle vedute dei complessi religiosi come San Marco, la Santissima Annunziata, San Lorenzo e altri, messi in un prospettiva intuitiva a volo d’uccello, ai ritratti di chiese e chiesette, con sapidi scorci del centro fiorentino, alterato dalle demolizioni ottocentesche; tanto che per molti degli edifici religiosi scomparsi, quelle nel Codice sono le uniche immagini disponibili, con un insostituibile valore di testimonianza. La perspicuità delle vedute urbane ha fatto sì che venissero prese per guide dai restauratori novecenteschi, almeno in due casi: per la ricostruzione del Palagio di Parte Guelfa nelle originarie forme merlate e per il recupero della rossa Torre della Pagliazza in piazza Sant’Elisabetta.
La Madonna ricorre come madre affettuosa nella posa dell’umiltà mentre, lasciati i lavori donneschi, istruisce o culla il Bambino Gesù. I santi titolari delle chiese le affiancano con i loro attributi, simboli, fedeli animali oppure mostri nemici, come i verdi draghi fiammeggianti, e con episodi anche singolari delle loro leggende: viene perfino illustrata, secondo una diceria allora circolante, la persuasione occulta esercitata nottetempo dal futuro Bonifacio VIII su Celestino V, per indurlo ad abdicare pronunciando il “gran rifiuto”.
Oltre alla Firenze ecclesiastica, sfila nel repertorio di Rustici anche la città accogliente e solidale degli ospedali e delle istituzioni caritative. Due vivaci scenette sono dedicate alla Misericordia-Bigallo, con una madre affidataria in ginocchio ad accogliere un trovatello, e un capitano della Compagnia che consegna la dote a una fanciulla povera.
E Firenze civile si presenta con la piazza del Mercato, slargo dall’ampio respiro spaziale vivamente chiaroscurato, con la colonna della Dovizia ereditata dal Foro romano.
Al tempo della stesura del Codice Firenze era già una magnifica città murata, ma erano aperti i molti cantieri delle grandi imprese architettoniche in corso. Marco Rustici, forse conoscendo progetti e modelli, illustrò quei monumenti come se fossero già completi: la Cupola con la lanterna e la loggetta, San Lorenzo con un campanile svettante, la Rotonda degli Scolari coronata di ghimberghe.
La sua ottimistica fiducia nelle istituzioni e nei concittadini, non meno radicata della fede in Dio e nei santi, fa del pio artigiano Rustici un perfetto interprete dell’età dell’Umanesimo, che forse ha qualcosa da insegnare anche ai Fiorentini d’oggi .