il manifesto 30.1.16
Renzi torna a mani vuote
Europa. Al
vertice di Berlino il disgelo con l’Italia è solo parziale. Le
«ambiziose» riforme del premier non impressionano la cancelliera, che
chiude le porte ai rifugiati e accelera per mettere al sicuro l’export
«made in Germany». Roma non ottiene quasi nulla nel merito ma almeno
salva la faccia e non riceve veti preventivi nella durissima trattativa
sui conti con la Commissione
di Sebastiano Canetta
BERLINO
Uniti contro il populismo per un’Europa più forte ed efficiente. È il
tweet «tedesco» che rappresenta l’unico, virtuale, esiguo risultato
ufficiale dell’incontro tra il premier Matteo Renzi e la cancelliera
Angela Merkel, tutt’altro che d’accordo su tutto come ammette il
presidente del consiglio.
Nei fatti il «disgelo» tra Roma e
Berlino è parziale: sì alla comune difesa di Schengen e alle quote
europee di rifugiati ma nessuna sostanziale concessione sulla
flessibilità dei conti pubblici e sul finanziamento di 3 miliardi alla
Turchia. In compenso l’Italia incassa il ritorno sulla scena europea
(come voleva Renzi) e la benedizione del «nuovo ruolo» da parte di
Berlino: «La Germania avrà la presidenza del G20 e l’Italia del G7»
ricorda la cancelliera.
Senza la fanfara militare e con il
cerimoniale ridotto all’osso. Così Merkel ha accolto nella Bundeskanzlei
alle 12.30 Renzi, invitato a una «colazione di lavoro». Un colloquio
«intenso e amichevole» durato il doppio del previsto (la conferenza
stampa è slittata di oltre un’ora) segno delle difficoltà a smussare gli
spigoli.
La cancelliera tedesca «guarda con favore alle ambiziose
riforme di Renzi» e c’è «piena convergenza su una soluzione europea
dell’emergenza profughi, finanziamento degli Stati in prima linea sul
fronte degli arrivi e lotta ai trafficanti». Tuttavia Mutti ricorda a
«Matteo» i 6 hot spot italiani concordati con Bruxelles (di cui solo 3
operativi) e l’«urgenza di un accordo con la Turchia», ovvero del
pagamento della quota di 280 milioni a carico dell’Italia per il
finanziamento ad Ankara. Renzi prende tempo e assicura: «Siamo
d’accordo, ma attendiamo di sapere da Bruxelles come andrà inteso
l’aiuto» ovvero se la «rata» sarà scorporata dal patto di stabilità e a
carico dell’Ue.
Sulla flessibilità dei conti pubblici italiani la
cancelliera alza il muro: «Non mi immischio: è compito della Commissione
Ue interpretare i margini» taglia corto, convinta che i confini in ogni
caso restino (solo) quelli previsti dagli accordi sottoscritti a
Bruxelles.
Poi, perfida, fa «gli auguri all’Italia per il buon
esito delle riforme», e imputa a Renzi il rallentamento della messa in
sicurezza del bilancio e accenna ai «problemi» con le banche. Questi,
soprattutto, hanno impressionato la cancelliera più del Jobs Act: la
stabilità del credito in Italia ormai è una questione tedesca. Giovedì
il default di Etruria, Banca Marche, CariFerrara e Chieti è rimbalzato
sulla Borsa di Francoforte facendo «crollare» il Dax dell’1,6%.
Da
qui l’«aiuto di Schäuble» a Renzi: il ministro delle finanze ha messo
2.000 miliardi di euro del risparmio tedesco (l’equivalente del debito
pubblico di Roma) a garanzia del deposito Bce che copre i 200 miliardi
di crediti avariati delle banche italiane. È la luce verde alla bad bank
e «la vera assicurazione sui titoli decennali di Roma», sottolineano a
Berlino.
In ogni caso la visita di Renzi «rafforza le relazioni
commerciali tra i due Paesi», puntualizza Angela Merkel, che annuncia
una prossima conferenza economica bilaterale tra i due paesi: «È
positivo che in Italia ci sia un inizio di ripresa: negli ultimi mesi
l’import dei prodotti tedeschi in Italia è aumentato del 7%», gongola la
cancelliera. Dall’altra parte, un quinto del made in Italy finisce in
Germania; tradotto significa 54,9 miliardi di business nel 2016, 58,2
nel 2017 e 61,6 nel 2018. Pesano più della «messa in scena» (secondo
Welt) dell’«esuberante» premier italiano che denuncia l’asse
franco-tedesco e molto meno degli altri fronti strategici su cui Berlino
non retrocede. Su tutti il raddoppio del gasdotto Nord Stream in
partnership con la Russia di Putin affidato alla «valutazione» della
Commissione Ue e contrastato dall’Italia anche nell’Europarlamento: un
nodo irrisolto nel summit bilaterale.
Preceduto dall’incontro di
Merkel con Lady Pesc. Federica Mogherini è stata ricevuta nella
cancelleria 24 ore prima di Renzi e ha festeggiato con Mutti e Kofi
Annan (l’ex segretario delle Nazioni unite) il compleanno del ministro
degli esteri Steinmeier. E la cancelliera si è presentata al bilaterale
con il nuovo «pacchetto» sul diritto di asilo concordato con Csu e Spd:
sospensione per due anni dei ricongiungimenti familiari dei profughi;
aggiunta di Marocco, Algeria e Tunisia nella lista dei «Paesi sicuri»;
divieto di circolazione in Germania per i rifugiati e costo
dell’integrazione linguistica a carico dei migranti.
È il minimo
sindacale chiesto dall’Union e dal vice cancelliere socialdemocratico
Gabriel: il punto con cui Merkel ha ricompattato la sua Grande
Coalizione.
Fuori dalla cornice diplomatica, l’incontro con Renzi ha risentito del clima nero sul fronte dei profughi in Germania.
Nella
notte, in Baden-Württemberg, estremisti xenofobi hanno lanciato una
granata (inesplosa) contro un centro rifugiati. È l’attacco numero 1.006
agli Asylheim, l’ennesima bomba (vera) contro la «politica di
benvenuto» di Angela cui secondo i sondaggi si oppone il 45% dei
tedeschi.
Adesso, archiviata la visita di Renzi, la cancelliera
Merkel prepara la conferenza sulla crisi in Siria in programma a Londra
il 4 febbraio. Tavolo riservato a Germania, Regno Unito, Norvegia e
Kuwait. Ancora una volta un altro summit decisivo senza l’Italia.