domenica 24 gennaio 2016

il manifesto 24.1.16
Reportage dietro l’altare
Intervista. Il giornalista Walter Robinson e la sua squadra del Golden Globe di Boston fecero scoppiare nel 2001 il più grande scandalo che abbia mai colpito la chiesa cattolica, inchiodando 87 preti pedofili e provando che l’arcivescovo Law era al corrente di tutto. Una storia portata al cinema dal regista Tom McCarthy, nel film «Il caso Spotlight»
di Giovanna Branca

ROMA Se si torna indietro al 2001, sembra quasi che quell’anno sia fagocitato nella memoria e nei racconti dall’evento epocale che fu l’attentato alle Torri Gemelle. In realtà, quindici anni fa si consumava anche uno dei più grandi scandali che abbia mai colpito la chiesa cattolica, scoppiato grazie al minuzioso lavoro d’inchiesta del gruppo investigativo Spotlight del quotidiano Boston Globe.
Walter Robinson (redattore capo), Michael Rezendes, Sacha Pfeiffer, Matt Carroll sono i nomi dei componenti di quella squadra portati sul grande schermo dal regista Tom McCarthy con Il caso Spotlight, in uscita in Italia il 18 febbraio e candidato all’Oscar come miglior film, regia e sceneggiatura.
Tutto ha inizio con l’arrivo al Boston Globe di un nuovo editore — Marty Baron (Liev Schreiber nel film), un outsider originario della Florida ed ebreo nella più grande enclave cattolica degli Stati uniti — che spinge il gruppo guidato da Robinson (interpretato da Michael Keaton) a indagare sulle dichiarazioni di un avvocato che rappresenta le famiglie delle vittime degli abusi di un prete di Boston: John Geoghan. Garabedian, questo il nome dell’avvocato, sostiene infatti di poter provare che l’arcivescovo di Boston, il cardinale Bernard Francis Law, era al corrente degli abusi e non ha fatto nulla per fermarli.
October 3, 2012 - Distinguished Professor of Journalism Walter Robinson.
Nel corso della loro inchiesta, i giornalisti del Boston Globe — gli altri attori che li interpretano sono Brian d’Arcy James, Rachel McAdams e Mark Ruffalo, questi ultimi due nominati anche loro dall’Academy come migliori attori non protagonisti — scoprono una realtà di gran lunga più raccapricciante. Aiutati da un’associazione di «survivors», sopravvissuti alle molestie, e da un ex prete ora psicanalista che ha dedicato la sua vita proprio allo studio dei sacerdoti che molestano i bambini, i giornalisti inchiodano ben 87 preti pedofili e riescono a provare che non solo l’arcivescovo sapeva, ma perlomeno nel caso di Geoghan aveva anche disposto il suo spostamento di parrocchia in parrocchia ogni volta che emergevano delle accuse contro di lui, senza mai informare chi di dovere delle sue aberranti «inclinazioni».
I cinque mesi di inchiesta vengono sintetizzati nelle due ore di un film che, oltre a rispolverare in grande stile le glorie di un genere che ha il suo massimo referente in Tutti gli uomini del presidente, realizza un’«eulogia», con un termine dello stesso Walter Robinson, di un mondo sul viale del tramonto. Quello cioè dell’inchiesta giornalistica di stampo anglosassone, di quei giornali grandi e meno grandi e soprattutto di quegli «eroici» giornalisti che con il loro duro lavoro hanno fatto tremare le fondamenta stesse del potere e dato avvio a processi di rinnovamento e riforma, come ha modo di ricordare lo stesso Robinson a proposito del caso di Boston.
Non solo infatti il lavoro del team Spotlight — che gli è valso un premio Pulitzer — ha messo a nudo una terribile verità, causato le dimissioni del cardinale Law e evidenziato il ricorrente schema di insabbiamenti messi in atto dalla chiesa, ma ha anche aiutato a cambiare le regole. C’è una legge in Massachusetts chiamata della «denuncia obbligatoria», ha infatti spiegato Robinson in un’intervista, per cui dottori, insegnanti, assistenti sociali e così via sono obbligati a riferire alle autorità ogni caso in cui ci sia anche solo il sospetto che un minore venga molestato. «Ci sono stati molti tentativi nel corso degli anni di applicare quella legge anche agli uomini di chiesa — ricorda il giornalista — ma hanno sempre fallito. Nel giro di pochi mesi dall’uscita della nostra storia, la proposta è stata approvata da entrambe le camere ed è arrivata sul tavolo del governatore, che l’ha subito firmata. Questo ci dice che la fiducia nell’istituzione della chiesa è stata compromessa molto rapidamente».
Inoltre, osserva ancora Robinson, il suo alter-ego cinematografico interpretato da Michael Keaton «è anche un personaggio metaforico che rappresenta tutti gli influenti irlandesi cattolici di Boston», per i quali dover ammettere ciò che realmente accadeva nella chiesa è stato, nel migliore dei casi, un percorso molto doloroso.
Nell’anno del giubileo e nel giorno della manifestazione per le unioni civili, Walter Robinson è a Roma, al fianco di Michael Keaton, per presentare Il caso Spotlight. Uomo di garbo e fermezza, la sua prima risposta a ogni domanda è «Thank you», ma non esita, a due passi dal Vaticano, a esprimere le sue perplessità sull’operato della chiesa.
Sotto lo stesso cielo c’è anche il cardinale Law, deposto da Papa Francesco al suo insediamento dato che aveva compiuto 80 anni e di regola non poteva più svolgere la propria funzione.
Ha pensato di fare visita all’ex cardinale?
Il cardinale Law vive a Roma dal 2002 e da allora non ha più parlato con nessun reporter. E credo di essere l’ultima persona con cui vuole parlare…
C’è ancora un futuro per il giornalismo d’inchiesta?
Negli Stati uniti il giornalismo investigativo è come un malato terminale. Internet ha sottratto ai giornali i soldi di cui hanno bisogno per fare inchieste. Molti posti di lavoro sono andati perduti. Quando si chiede ai lettori ciò che ritengono più importante nei quotidiani, rispondono sempre che vogliono il giornalismo investigativo. Ma gli editori, in America come credo anche qui, sono pazzi, e tagliano proprio quello. La ragione per cui i lettori lo richiedono è che qualcuno deve fare in modo che le persone e le istituzioni di potere — come la chiesa cattolica — si prendano le loro responsabilità. E se non lo facciamo noi, chi lo farà? E se noi non lo facciamo, la democrazia è destinata a morire. Perché le persone non possono prendere decisioni ponderate senza del buon giornalismo. I tagli posso essere fattti ovunque, tranne che sui reportage investigativi.
Il film esce in Italia durante il giubileo. Come pensa si stia comportando oggi la chiesa cattolica con questo nuovo papa?
Come tutti ho grandi speranze nell’operato di papa Francesco, e rispetto ciò che sta cercando di fare. Ricordo che quando è diventato papa una delle prime cose in cui si è impegnato è stata far «scendere» vescovi e cardinali dalle loro limousine e farli concentrare sui bisogni dei credenti. Fra le limousine e le case più grandi c’erano quelle occupate proprio da Law e molti cardinali americani. Credo che la chiesa fosse diventata una «società» che esisteva a solo vantaggio di preti e vescovi, e non della fede. Ma ho fiducia nel fatto che il pontefice voglia cambiare questo stato di cose, facendo in modo che i preti si concentrino sui bisogni dei credenti, delle loro famiglie e dei loro figli. Spero soprattutto che cessino gli abusi sui bambini.
E tuttavia, come molti dei sopravvissuti a questi abusi, penso che il papa non abbia ancora fatto niente di sostanziale per porre fine a questo crimine. Ha compiuto alcuni passi nella giusta direzione, ma quando è venuto negli Stati uniti ha lodato il coraggio dei vescovi americani per come hanno gestito il problema.
Una posizione che è stata percepita come profondamente offensiva da molti americani, perché tantissimi vescovi in realtà si sono opposti al cambiamento, e quando lo hanno accettato era perché si sono trovati obbligati, non avevano alternative. Resta ancora tanta strada da fare, ma auspicabilmente questo papa si sta muovendo nella giusta direzione.