il manifesto 14.1.16
«Margot Wallstrom è una antisemita, non è gradita in Israele»
Tel
Aviv/Stoccolma. Sono pesanti le accuse che i rappresentanti del governo
Netanyahu hanno rivolto ieri alla ministra degli esteri svedese
"colpevole" di aver chiesto un'inchiesta sulle uccisioni sul posto dei
palestinesi che compiono o tentano attacchi con i coltelli, a suo
giudizio vere e proprie "esecuzioni extragiudiziali"
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
Margot Wallstrom è una «antisemita, consapevolmente o no». Non ha usato
mezze parole il ministro israeliano delle infrastrutture Yuval Steinitz
quando ieri ha commentato la richiesta fatta dalla ministra degli
esteri svedese di un’indagine sulle «esecuzioni extragiudiziali» di
palestinesi che Israele starebbe attuando. Richiesta sorta di fronte al
numero elevato di uccisioni sul posto, immediate, di palestinesi, spesso
appena adolescenti, che aggrediscono cittadini israeliani, o tentano di
farlo, con coltelli e automobili lanciate a tutta velocità. Secondo la
responsabile della diplomazia svedese — ai ferri corti con Israele da
quando nel 2014 il suo governo ha riconosciuto lo Stato di Palestina
(altri riconoscimenti sono giunti dai parlamenti di vari Paesi dell’Ue) –
militari e coloni israeliani farebbero fuoco per uccidere e non per
ferire. Lo indicherebbere anche il basso numero di aggressori
sopravvissuti ai loro tentativi di attacco (negli ultimi quattro mesi
sono rimasti uccisi circa 150 palestinesi e oltre 20 israeliani). Da qui
l’accusa di «esecuzioni extragiudiziali». Per Steinitz la collega
svedese è soltanto una «antisemita».
Si tratta di un attacco senza
precedenti alla Svezia, aggravato dall’annuncio fatto dalla
viceministra degli esteri Tizpi Hotovely che Wallstrom «non è la
benvenuta» in Israele e così anche per altri rappresentanti ufficiali di
Stoccolma. L’ufficio del premier Netanyahu, che ha anche l’interim
degli esteri, ha un po’ ridimensionato il passo precisando che il
governo non ha cambiato linea nei confronti della Svezia. Poco dopo però
il portavoce del ministero degli esteri, Emmanuel Nahshon, ha
confermato che «data la natura aggressiva e incendiaria» dei commenti di
Margot Wallstrom «abbiamo messo in chiaro che (la ministra svedese) non
è gradita in Israele». Tel Aviv non ha mai digerito la decisione del
governo svedese di riconoscere lo Stato di Palestina in Cisgiordania e
Gaza, territori palestinesi che assieme a Gerusalemme Est sono stati
occupati militarmente da Israele quasi 50 anni fa. Si tratta di una
posizione ben più concreta rispetto ai riconoscimenti numerosi ma solo
simbolici votati dai parlamenti di vari Paesi europei. I rapporti tra i
due governi si sono fatti molto tesi e i rappresentanti del governo
Netanyahu non hanno esitato ad attaccare frontalmente Wallstrom,
incuranti della presenza in Israele di una delegazione svedese ad altro
livello incaricata di «studiare» le misure di sicurezza sviluppate e
applicate nello Stato ebraico.
Sullo sfondo di questa crisi
diplomatica ci sono l’Intifada palestinese e le misure repressive
adottare da Israele. Sono stati arrestati i due palestinesi – il
giornalista Samer Abu Eisheh e il manovale Hijazi Sbu Sbeih — che
avevano respinto l’ordine di espulsione (rispettivamente per cinque e
sei mesi) dalla loro città, Gerusalemme, emesso dagli israeliani per non
meglio precisate “ragioni di sicurezza”. I due per giorni sono rimasti
nella sede della Croce Rossa Internazionale a Gerusalemme, spiegando a
giornalisti e delegazioni palestinesi e straniere che in passato non
sono mai stati condannati per violenze politiche o per qualsiasi altro
crimine grave. Abu Eisheh l’anno scorso era stato posto agli arresti
domiciliari per due mesi per aver preso parte a forum arabi in Libano.
«Mi offrono la libertà su cauzione ma (le autorità israeliane)
pretendono ancora che lasci Gerusalemme – ha detto Abu Eisheh – io
continuerò a dire di no all’esilio, al razzismo e all’occupazione».
Ieri
l’aviazione israeliana ha bombardato Gaza, uccidendo un palestinese e
ferendone altri tre che, secondo il portavoce militare, stavano
sistemando un ordigno esplosivo sulle linee di confine.