Corriere 5.1.16
Ora il premier accelera per «tutelare» le altre riforme
di Massimo Franco
A colpire non è tanto il contenuto della legge sulle unioni civili, ma la fretta con la quale il governo vuole votarla a fine gennaio, dopo due anni e mezzo di temporeggiamento. Come se di colpo il problema avesse scalato la lista delle priorità da affrontare; e fatto passare in secondo piano altre misure, nonostante un’economia tuttora in bilico tra ripresa e crisi. E impressiona altrettanto la rapidità con la quale le opposizioni si spaccano tra «moderni» e «retrivi», individuando in quel tema un’occasione per lucidare identità appannate. Si fa fatica a scansare il sospetto che qualcuno punti in primo luogo alla rendita politica di questo scontro.
Anche se i distinguo dentro la maggioranza di governo, e l’idea di Palazzo Chigi di trovare una sponda parlamentare con il Movimento 5 stelle, possono aprire dinamiche imprevedibili. Per questo si parla di voti in arrivo anche da Forza Italia, divisa sulle unioni civili quanto e più del Pd. Per Matteo Renzi significherebbe far passare la legge senza rimanere prigioniero di Beppe Grillo per la seconda volta dopo l’elezione dei giudici della Corte costituzionale. Il problema è che tutto si svolgerà al Senato. E l’incubo delle imboscate, per una coalizione governativa che sembra sempre sul punto di non avere abbastanza consensi, rifà capolino.
L’esperienza del passato recente porta a dire che il premier può stare sicuro: alla fine, la paura delle elezioni anticipate e la pochezza degli avversari, soprattutto della minoranza del Pd, gli ha permesso di superare gli ostacoli. Nel caso delle unioni civili, lo sfondo cambia in teoria, perché si tratta di un argomento ammantato dalla «libertà di coscienza». Ma l’atteggiamento di molti cattolici eletti nel Pd lascia capire che il tema è già, politicamente, superato: almeno nel suo partito. Si avverte qualche resistenza in più nel Nuovo centrodestra e in alcuni settori di FI. La vera incognita, però, non sembrano le remore sul contenuto.
Anche perché non è ancora chiaro se alla fine il voto avverrà sul testo della deputata dem, Monica Cirinnà, o si andrà a una mediazione. Dietro gli inviti a fare presto si avvertono il timore di nuovi rinvii e di contraccolpi sul «sì» definitivo alla riforma del Senato, a febbraio; e una certa confusione di idee. Tra l’altro, la perentorietà con la quale Renzi invoca l’approvazione non svela i punti considerati irrinunciabili dall’Esecutivo. Si intuisce solo che il tema rientra nella narrativa decisionista di Palazzo Chigi. Nel 2016 il premier deve bilanciare l’attenzione su problemi come quello, spinoso, delle quattro banche salvate; e di un’Europa più ostile all’Italia.
È significativa la cautela che finora le gerarchie cattoliche hanno mostrato sulle unioni civili. L’idea che il governo debba risolvere questioni senza farsi influenzare dagli interessi della Chiesa, sembra pacifica. Quanto all’ostilità verso soluzioni ritenute arrischiate, quando si arriverà al testo definitivo si avrà una reazione ufficiale. D’altronde, oggi non esistono forze di riferimento. E il Papa non vuole le guerre culturali ingaggiate dai predecessori: teme piuttosto «leggi-marmellata» che possano minare le famiglie nella loro forma tradizionale.