Corriere 29.1.16
L’asse con Merkel non risolve le tensioni con Bruxelles
di Massimo Franco
La
preoccupazione avvertita a tutti i livelli istituzionali non riguarda
l’esito dell’incontro di oggi tra il premier italiano Matteo Renzi e la
cancelliera tedesca Angela Merkel. Quello non può che andare «bene». Il
tema scabroso si staglia a più lungo termine e su un orizzonte più
largo. E chiama in causa i rapporti tra il governo di Roma e la
Commissione Ue. È lì a Bruxelles, prima ancora che a Berlino, che nelle
ultime settimane si è spezzato qualcosa. Lo scontro col presidente
Jean-Claude Juncker ha lasciato un segno non indelebile ma certo
profondo. E l’idea di far rappresentare l’Italia a un viceministro che
Renzi ha definito «più rissoso di me» è un viatico a doppio taglio.
Propone
il profilo di un’Italia litigiosa, forse per compensare una debolezza
oggettiva. Eppure, tutti gli alleati europei contano sulla capacità di
Renzi di riprendere una linea di politica estera meno gridata; e di
restituirgli lo smalto che aveva all’inizio della sua esperienza a
Palazzo Chigi. Il timore che un logoramento del suo governo venga
sfruttato da forze populiste e antieuropee spaventa in primo luogo
l’Unione. Ma si intravede a tratti un «populismo istituzionale» contro
l’Ue, alimentato dalle difficoltà interne.
Sono critiche piuttosto ingenerose, e venate da un pregiudizio antitaliano duro a morire.
Ma
è necessario anche chiedersi come mai stia rispuntando. Perché oggi il
sospetto di un governo circondato a livello europeo è forte. Il ruolo di
sorvegliato speciale viene alimentato dal silenzio sono in apparenza
neutrale che le altre nazioni dell’Ue hanno mantenuto nella polemica con
Juncker. Tra l’altro, l’irritazione renziana per l’asse Berlino-Parigi
accentua, forse al di là dei veri rapporti di forza, l’immagine di un
affanno a livello continentale.
Si era detto che ora il Paese
conta di più. L’affermazione è contraddetta dalle rimostranze pubbliche
del premier, peraltro in parte condivise da alcuni alleati. L’ambizione
di superare quello che potrebbe diventare isolamento con un patto
rinnovato con Berlino rischia di rivelarsi un’illusione. In fondo, la
stessa idea che l’Europa sia una diarchia Germania-Francia ormai è vera
solo in parte. L’allargamento avvenuto tra 2003 e 2013 ha creato una
diffusione e una torsione che hanno spostato il baricentro europeo a
Nord e a Est.
La richiesta, che ormai ha assunto toni perentori,
di piegare l’Italia a un placet che permetta lo stanziamento di tre
miliardi di euro alla Turchia come guardiana delle rotte balcaniche
dell’immigrazione, è rivelatrice. Riflette la priorità strategica, agli
occhi dell’Ue, della frontiera esterna orientale rispetto a quella
mediterranea. Per ora, il tentativo di Renzi di ottenere in cambio
garanzie sulla flessibilità dei conti pubblici non è riuscito. Può darsi
che convinca la Merkel ad aiutarlo. Eppure, non è scontato che un
accordo ritrovato con Berlino basti come garanzia .