sabato 23 gennaio 2016

Corriere 23.1.16
Nazismo e Bolscevismo nelle tesi di Ernst Nolte
risponde Sergio Romano

Vorrei conoscere la sua opinione su Ernst Nolte. Egli afferma che il nazionalsocialismo sia stato una reazione al bolscevismo che nel 1917, con la Rivoluzione d’Ottobre, provocò la nascita dell’Unione Sovietica. Naturalmente nessuno lo potrà mai provare perché la storia controfattuale lascia spazio alle più svariate ipotesi. Mi chiedo però se chi era convinto della superiorità razziale degli ariani possa essere stato condizionato o meno da quello che avveniva nell’Urss. Qualcuno lo ha definito più pericoloso dei revisionisti, egli che non lo era.
Giovanni Allegri

Caro Allegri,
Ernst Nolte, nato nel 1923, è uno degli storici più discussi e contestati degli ultimi decenni. Ma non è necessario essere sempre interamente d’accordo con le sue tesi per riconoscere l’interesse e l’originalità delle sue intuizioni storiografiche. Capì che tra il successo della rivoluzione bolscevica in Russia e l’affermazione del nazismo vi era un legame e che meritava di essere studiato.
Le somiglianze erano evidenti. Il lager e il gulag erano frutti di una stessa strategia. La creazione dell’«homo sovieticus», ideologicamente puro, ricordava per molti aspetti la creazione in Germania del popolo ariano. L’accanimento sovietico contro il nemico di classe ricordava l‘accanimento nazista contro gli ebrei.
La somiglianza fra i due regimi creava antagonismo e competizione, ma anche, in alcuni momenti, manifestazioni di reciproca simpatia e ammirazione. Dopo la firma degli accordi dell’agosto 1938 (fra cui il protocollo segreto per la spartizione dell’Europa centro-orientale), Stalin restituì alla Germania i tedeschi che erano fuggiti in Urss dopo l’avvento di Hitler al potere e languivano nei gulag sovietici. Nolte si spinse anche sino ad affermare l’esistenza di un nesso fra il viscerale anti-semitismo di Hitler e la straordinaria presenza degli ebrei nei quadri dirigenti della rivoluzione bolscevica, ma forse non tenne sufficientemente conto del fatto che l’odio risaliva ai suoi anni viennesi, prima della Grande guerra.
Quando il suo articolo sul «Passato che non passa» apparve sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung del 3 giugno 1986, le reazioni di alcuni studiosi furono molto severe e Nolte venne accusato di avere relativizzato, se non addirittura giustificato, il fenomeno nazista. Credo che le reazioni riflettessero le condizioni morali e intellettuali della Germania in quegli anni. A quarant’anni dalla fine della guerra molti pensavano che non fosse ancora giunto il momento in cui il nazismo sarebbe stato studiato come un fenomeno storico. Per il momento era più opportuno condannarlo, punto e basta. Oggi, dopo l’edizione critica di Mein Kampf , il clima culturale tedesco è probabilmente alquanto diverso.