Corriere 14.1.16
Perché il premier preferisce attendere il Family day
di Massimo Franco
La
scelta di invertire il calendario delle votazioni al Senato non è tanto
un’accelerazione in nome del decisionismo. Somiglia piuttosto ad un
blitz annunciato da giorni da Palazzo Chigi per disarmare o comunque
scoraggiare qualunque distinguo nella maggioranza; e consumatosi ieri
quando il Pd ha scelto prima di ottenere il «sì» sulle riforme
costituzionali; e poi di definire i vertici delle commissioni
parlamentari «scoperte». E di rimbalzo è slittata di un paio di giorni
anche la discussione sulle unioni civili.
Il risultato è che
probabilmente il testo definitivo non sarà votato prima di fine gennaio :
e cioè dopo la manifestazione del Family Day prevista per il 30. Si
tratta di un gioco a incastro che, al solito, irrita le opposizioni e
lascia qualche tensione anche nelle file della coalizione governativa.
L’accusa è quella di avere compiuto una forzatura per scambiare
l’approvazione del nuovo Senato con l’assegnazione di posti alle
presidenze. Sia il Ncd di Angelino Alfano, sia la minoranza del Pd, e
perfino il gruppo dei transfughi di FI di Denis Verdini sanno che il
premier aspetta i loro consensi a Palazzo Madama prima di scoprire le
sue carte.
«È un classico caso di do ut des , voto di scambio»,
insiste il Sel. La Lega usa la parola «ricatto». In realtà, la decisione
suona come una prova di forza, peraltro prevista; e di diffidenza,
altrettanto scontata. Premunirsi da qualunque sorpresa in aula conferma
infatti le tensioni tra i partiti di governo: soprattutto in materia di
unioni civili; e la volontà di Renzi non solo di non farsi condizionare,
ma anche di annusare un’aria per lui più infida di un anno fa.
Aspettare significa decidere dopo avere misurato la «piazza Arcobaleno»
del 23 gennaio e poi quella «cattolica».
Il testo finale sulle
unioni civili dipenderà dall’impatto che le due manifestazioni avranno
sull’opinione pubblica: un responso «da sondaggio» sul quale il Pd non
ha, sembrerebbe, ancora certezze. La strategia cauta della Cei, espressa
ieri sul Corriere dal suo segretario, monsignor Nunzio Galantino,
depura il Family Day da qualunque deriva ideologica. Per quanto critica,
scoraggia il «muro contro muro» dei sostenitori a oltranza del disegno
di legge che porta il nome della parlamentare del Pd, Monica Cirinnà.
Il
governo, anche per bocca del ministro per le Riforme istituzionali,
Maria Elena Boschi, vuole l’approvazione di quel testo. Si rende conto
però di offrire in questo modo argomenti polemici sia ad alcuni settori
minoritari del Pd, sia al Nuovo centrodestra; e di aprire un fronte
insidioso sul versante cattolico e vaticano. Lasciando «libertà di
coscienza», si tenta di prendere le distanze da un provvedimento
controverso e foriero di altre tensioni. L’importante è incassare la
riforma del Senato. Per il resto, ci sarà o si prenderà tempo.