Corriere 11.1.16
Ecco la mappa delle trivelle
Sono 326 le autorizzazioni per andare nella profondità della terra e del mare, compresi i «gioielli» Isole Tremiti e Pantelleria
di Virginia Piccolillo
Dalle
isole Tremiti a Isola Capo Rizzuto. Da Santa Maria di Leuca a
Pantelleria. Anche al largo di Venezia. Nei nostri mari, e nelle nostre
campagne, c’è un grande aumento delle ricerche di petrolio.
A
leggere il documento del ministero dello Sviluppo Economico che il 31
dicembre ha assegnato le concessioni alle ricerche e allo sfruttamento,
ci si trova di fronte a 90 permessi di ricerca per la terraferma e 24
per i fondali marini. Poi ci sono 143 concessioni per «coltivazioni» di
idrocarburi già individuati a terra e 69 in mare. Ma non è soltanto la
quantità del territorio quanto la qualità dei fondali e delle porzioni
di territorio che faranno da teatro alle ricerche che genera allarmi e
polemiche. «Per le ricerche di fronte alle isole Tremiti, uno dei
gioielli ambientali più importanti d’Europa, ricche di biodiversità
marina, è stato concesso un permesso alla Proceltic Italia srl per 5
euro e 16 centesimi al metro quadrato. Un totale di 1.928,292. Nemmeno
duemila euro l’anno», denuncia il verde Angelo Bonelli, in prima linea
contro quello che definisce «l’assalto delle lobby petrolifere».
Sobbalza
il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano: «Occorre spiegare
perché a largo delle Tremiti. Trivellare il nostro mare è una vergogna e
una follia». Amaro il commento del sindaco delle Tremiti, Antonio
Fentini: «Se questo serve a risanare il bilancio dello Stato...».
Le
Regioni interessate avevano presentato sei referendum per fermare la
prima fase di questa caccia al tesoro che coinvolge società a volte
anche piccole che in caso di scoperta dei giacimenti si rivenderanno a
caro prezzo i proventi dei contratti di concessione. È sopravvissuto
soltanto quello contro le ricerche entro le 12 miglia dalla costa.
Mercoledì la Consulta deciderà se è ammissibile. Nell’attesa, vale la
pena dare uno sguardo alle zone interessate.
Gli ambientalisti
denunciano che il danno c’è ancora prima delle trivelle: la tecnica
Airgun — con gli spari ad altissimi decibel — disturba la fauna marina.
Il sistema di controlli ancora non è in funzione. Tra le zone marine
interessate c’è il Canale di Sicilia. C’è un piccolo cerchio che
lambisce marettimo e Favignana e tocca Levanzo, unica area vietata a
ricerche e trivelle. Tutto intorno al resto della Sicilia si può. A
Pantelleria la concessione G.R 15.PU autorizza le ricerche. Così come
nella zona che sta davanti alle spiagge che vanno da Marina di Modica, a
Portopalo di Capo Passero fin su a Marzamemi. E interessa anche
l’arcipelago delle isole maltesi. Lì, avverte Greenpeace ci sono zone
considerate la «nursery» di molte specie ittiche. «A volte però le
società che chiedono la concessione, negavano. Abbiamo scoperto, di
recente, un “trucco”. Presentavano mappe relative ad eree diverse.
Tacendo quindi al ministero dello Sviluppo economico dell’esistenza di
zone di riproduzioni ittiche. Dati che il ministero dell’Agricoltura,
peraltro possiede», racconta Andrea Giannì di Greenpeace. «Scoperto il
trucco però la griglia di valutazione non è stata cambiata. Servono
controlli attenti».
Le Tremiti fanno scalpore. Ma l’Adriatico è
praticamente tutto interessato dalle ricerche o già dalle estrazioni.
C’è un grande rettangolo dai bordi frastagliati che tocca Rimini, ma nel
lato esterno arriva all’altezza di Ravenna, in giù si dirige verso
Pesaro e Senigallia, poi si inarca per circondare Ancona e il Conero, e
scende ancora, fino a Termoli.
Ma nel Brindisino già sono
autorizzate ricerche, così come nel Leccese. E la ricerca di oro nero
arriva a Santa Maria di Leuca. Così come, in Calabria, a largo di isola
Capo Rizzuto. O, in Sardegna, a Porto Torres.
Si va da Abbadia
Cerreto a Zappolino nell’elenco di novanta concessioni per le ricerche
sulla terraferma. Tra i luoghi interessati, anche in questo caso sparsi
in tutta Italia, da Faenza a Ragusa, ci sono molte località della
Basilicata, ma anche della Lombardia (Vigevano, Codogno, Trigolo, Castel
Verde) e poi di Abruzzo, e Toscana, Piemonte e Lazio, Marche e Veneto.
Già in vigore 119 concessioni per lo sfruttamento. Soprattutto in
Basilicata (ma anche Emilia Romagna, Puglia, Marche, Lombardia). Tra le
concessioni delle ricerche in Sicilia nel documento del governo c’è
Scicli, e fra le quelle allo sfruttamento di idrocarburi compare Noto.