martedì 8 dicembre 2015

Repubblica 8.12.15
Lo strano argine dei due rivali
di Marc Lazar


I RISULTATI delle elezioni regionali in Francia segnano un momento importante, se non decisivo, della storia politica di questo Paese. Ma dobbiamo ricordare che queste elezioni si svolgono in due turni.
PERCIÒ dovremo attendere la sera del 13 dicembre per trarne conclusioni definitive. Ciò premesso, è il caso di fare fin d’ora alcune constatazioni.
La partecipazione al voto è lievemente aumentata rispetto alle elezioni del 2010: stavolta si è spostato un elettore su due. A differenza dal passato, questo leggero miglioramento è andato a vantaggio del Front National, grande vincitore del primo turno, arrivato in testa in sei regioni su tredici: con quasi sei milioni di voti, ha conseguito un risultato storico. Quanto alla destra, per il momento non ha dato una dimostrazione di forza. Tranne qualche rara eccezione, repubblicani e centristi si sono presentati uniti; a livello nazionale sono arrivati secondi, con un risultato inferiore a quello del 2010. Il partito socialista perde quasi 5 punti, anche se riesce a limitare il danno, ottenendo il 23,4% dei suffragi. I Verdi raggiungono appena il 6,6% dilapidando metà del loro capitale elettorale del 2010, mentre il Front de gauche supera di poco il 4%, contro il 5,8% del 2010. In attesa delle ultime decisioni in vista del secondo turno, previste entro le 18.00 di martedì (come impone il regolamento elettorale per le desistenze, i ritiri o le eventuali fusioni di liste) ecco alcune riflessioni di carattere generale.
Il partito di Marine Le Pen continua a progredire su tutto il territorio e in quasi tutte le categorie sociali, riuscendo a sfondare anche tra i giovani. Già da tempo questo schieramento si avvantaggia dell’elevato tasso di disoccupazione, delle crescenti disuguaglianze e della sfiducia nei confronti dei responsabili politici nazionali (molti francesi sostengono che l’alternanza tra destra e sinistra non abbia cambiato in alcun modo le loro condizioni di vita); e deve buona parte del suo successo alla paura dell’immigrazione e al dilagare dell’euroscetticismo. Secondo i sondaggi, ha fatto un balzo in avanti in seguito alla crisi dei migranti e ai recenti attentati. Il voto per il Front National non è più solo un gesto di protesta, ma una reale adesione alle sue posizioni, ormai largamente diffuse, sui temi della sicurezza e dell’immigrazione, e su una concezione della Francia staccata dall’Europa, ripiegata su se stessa e senza troppi stranieri sul suo territorio. Questo partito ha riportato una vittoria sul piano culturale, e ne raccoglie ora i frutti facendo saltare le formazioni tradizionali e lo stesso sistema dei partiti nel suo insieme.
Su istigazione di Nicolas Sarkozy, la destra è oggi più a destra che mai; eppure gli elettori hanno preferito ai Repubblicani il Front National, scegliendo «l’originale piuttosto che la copia », come ha detto Marine Le Pen, quando non hanno optato per il piccolo partito sovranista Debout la France, che registra buoni risultati in alcune regioni. Repubblicani e centristi si scontrano ora sul comportamento da adottare al secondo turno, e si interrogano sulla strategia da seguire in vista delle presidenziali del 2017. Ma anche nel PS sorgono contrasti sulla decisione presa a Parigi di ritirare le proprie liste nelle tre regioni in cui il Front National ha ogni probabilità di vincere. Per il secondo turno, i socialisti tentano di radunare insieme tutte le formazioni di sinistra per fare da sbarramento al Front National e battere la destra. E sognano persino di vincere in sei regioni, o di riuscire a portare il loro candidato al secondo turno delle presidenziali, in un’unità difensiva — per non dire fittizia — sull’argomentario un po’ consunto dell’antifascismo.
Ma più in profondità, a ribaltarsi è l’intera vita politica, oramai strutturata in tre poli nettamente dissimili. Il primo è costituito da un solo partito, il Front National; il secondo, meno unito, comprende la destra, con i repubblicani e una parte dei centristi, mentre il terzo, il più eterogeneo, annovera il PS, i Verdi, il Front de gauche e alcuni piccoli gruppi trotzkisti molto critici nei confronti dei socialisti. Questa tripartizione complica la competizione politica.
C’è da chiedersi ad esempio se destra e sinistra debbano oramai prendere in considerazione un’ampia alleanza programmatica per arginare la destra estrema, anche a rischio di fornirle un argomento in più — dato che fin d’ora il Front National parla di collusione tra PS e Repubblicani — e di accentuare la frattura sociologica tra i francesi che hanno un diploma, lavorano e viaggiano, e le fasce più popolari e meno istruite, spaventate dai cambiamenti in atto nel mondo.
È più che mai urgente che i responsabili dei grandi partiti prendano pienamente coscienza delle dimensioni del sisma politico che sta nuovamente scuotendo la Francia, e riescano a superare i calcoli di breve momento per proporre risposte reali, con un linguaggio di verità. Altrimenti dobbiamo aspettarci altre scosse, sempre più devastanti.
(Traduzione di Elisabetta Horvat)