Repubblica 6.12.15
La promotrice dell’appello
Giusto concedere più diritti ma i figli non si comprano
La gestazione non è un procedimento tecnico ma l’inizio di una relazione
di Cristina Comencini
CARO
direttore, a seguito della pubblicazione dell’appello sulla maternità
surrogata, lanciato dal gruppo ”Senonoraquando-libere” di cui faccio
parte, vorrei chiarire alcuni punti che secondo me sono fondamentali.
Sono
favorevole alla stepchild adoption. Anzi sono per l’allargamento della
legge sulle adozioni a tutti i tipi di coppie, etero e omosessuale.
Perché ritengo che il desiderio di chiunque di accudire un bambino sia
da favorire, e che moltiplicare le situazioni in cui un bambino che non
ha una famiglia possa essere accolto da un’unione sia necessario. Come
la possibilità di adottare il bambino del proprio compagno/ compagna,
possibilità che riguarda tutte le coppie, eterosessuali e omosessuali.
Questa scelta renderebbe tutti i cittadini uguali di fronte alla
decisione di adottare. E, automaticamente, estenderebbe a tutti il
divieto di comprare bambini già nati o da far nascere, perché della
stessa cosa si tratta. E dunque parlare oggi di maternità surrogata, nel
momento in cui si cerca finalmente di dare parità di diritti a tutte le
coppie, è giusto e importante. Pari diritti, pari regole, pari limiti.
Questo
sul piano giuridico, che pure aiuta a fare chiarezza, ma che a me,
donna, non basta. Devo invece, proprio in questo contesto di
allargamento tardivo e sacrosanto dei diritti legati all’amore in
qualsiasi coppia e alla procreazione, affermare che i bambini non si
possono fabbricare su ordinazione perché la maternità e la gestazione
non sono un procedimento tecnico o solo biologico, ma l’inizio di una
relazione che coinvolge corpo e mente e rappresenta una delle esperienze
più potenti e intelligenti della vita di una donna. Per millenni
portare e far crescere dentro di sé un altro è stata considerata
un’attività subalterna e senza pensiero: la maternità escludeva le donne
dalla società, dedite a un compito necessario ma ininfluente. Oggi,
anche attraverso la psicanalisi, nello sviluppo del pensiero e della
libertà delle donne, sappiamo che non è così: che la gravidanza, cioè il
modo unico, individuale, in cui ogni donna vive e pensa il legame con
la figlia o il figlio, ha a che fare con la sua vita futura. La
maternità è dunque entrata nel pensiero, nella cultura e nella società,
non più destino ma fondamentale scelta per tutti, uomini e donne, e
dunque anche materia di legge e di responsabilità.
Repubblica 6.12.15
Grasso e Boldrini “Ora sulla Consulta metodo condiviso”
I presidenti delle Camere: giusta la preoccupazione del Colle. Otto giorni per l’intesa, riparte il dialogo Pd-grillini
di Liana Milella
ROMA.
Mancano otto giorni al nuovo voto per i tre giudici mancanti della
Consulta (su un plenum di 15). Le considerazioni di Mattarella su
Repubblica suonano come un diktat per i partiti, serve «un colpo di reni
del Parlamento» e «uno sforzo comune per superare i veti». I presidenti
delle Camere, Piero Grasso e Laura Boldrini, garantiscono il loro
impegno, con parole d’ordine ben precise. Che partono ovviamente da una
«piena condivisione » di quanto dice il capo dello Stato. Così come
consigliano «piena condivisione» sui nomi dei giudici da scegliere.
«Giudici entro la fine dell’anno» chiede Grasso. E soprattutto «nuovo
metodo» per indicarli. Parla da Seul l’ex pm, ma il suo appello suona
identico a quello di Boldrini che chiede di «rivedere lo schema e di
coinvolgere le opposizioni». Servono, come propone Grasso, «soluzioni
condivise per professionalità, indipendenza, esperienza costituzionale
». È stato il primo a dirlo, domenica scorsa, proprio dalle pagine di
Repubblica, dopo il primo voto andato a vuoto, e prima di altre due
fumate nere e del caso Pitruzzella.
A sentire Mattarella, Grasso e
Boldrini la soluzione migliore sarebbe quella di chiudere la pagina di
trattative che finora ha portato alla sconfitta di Augusto Barbera
(indicato dal Pd), Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) e Ida Angela
Nicotra (Ap e Sc, in verità votata solo una volta) per cercare
candidature nuove, su cui ottenere il voto di M5S, di Sinistra italiana,
della stessa sinistra Dem che finora non ha nascosto il suo malumore su
Barbera, che condivide in toto la riforma Renzi. Il suo posto potrebbe
essere preso dall’ex senatore Pd Stefano Ceccanti, o da Massimo Luciani,
noto costituzionalista. Un nome che i 5stelle voterebbero.
Ma
allo stato, il Pd renziano fa quadrato su Barbera. Boschi, Serracchiani,
Zanda, Rosato. Lo schema che si profila allora, per usare l’espressione
di Boldrini, è quella di tenere Barbera, aprire al candidato di M5S
Franco Modugno, “sacrificare” quello di Forza Italia Sisto, e sfruttare
la centrista Nicotra, a patto che sia votata da tutti, anche dal gruppo
di Dellai e Tabacci, o altri. Rosato parla anche di un terzo nome che
«può essere personalità di alto livello condivisa da tutti».
Un
“metodo” come questo si risolverebbe in un’apertura netta a M5S, che ha
ipotizzato di rivedere il niet preventivo su Barbera a patto di togliere
dalla corsa Sisto, troppo legato a Berlusconi. Se M5S dovesse votare
Barbera in cambio dei voti su Modugno, almeno due dei giudici sarebbero
eletti. E non dovrebbe essere difficile, a quel punto, trovare un
costituzionalista non impegnato con la politica.
Repubblica 6.12.15
Rischi e fascino di vivere a Parigi
di Guido Ceronetti
NON
è liquidabile soltanto come vergogna o un pensiero molesto,
l’antisemitismo di Parigi. C’era, quando Berlino e Vienna erano rifugio
di Ebrei orientali. L’antisemitismo cristiano, cattolico e riformato, ha
segnato l’Europa fino al declinare del Ventesimo. Filosemiti si nasce,
senza merito. Ma è di regola la tiepidità: gli Ebrei non sono la Juve.
La
scusa islamica dell’odio è analoga alla cristiana: li grava una
maledizione divina, duplice oracolo di Dio stesso; e la storia europea
da molti anni, dopo streghe ed eretici, si è attaccata al fantasma del
capro espiatorio giudaico. Di questa storia Parigi è l’auriga elettivo.
Se Is e Al Qaida colpissero soltanto Ebrei, si farebbero tante
deplorazioni?
Chi abbia amato dalla giovinezza e vissuto tempi e
storie della propria vita a Parigi, sopravviverà da ferito, da
straziato, per quanto gli resterà di vita. Non possiamo accettare, non
dico l’ultimo sfregio alla convivenza umana, ma l’intera catena di quel
che in questi anni è accaduto tra Francia e Belgio da parte delle forze
anonime del male. Alcuni episodi di questa guerra orribilmente
inesplicabile accaddero negli anni in cui a Parigi abitavo spesso, nel
Sesto, e non erano noccioline: l’atroce attacco antisemita di Rue des
Rosiers, la bomba allo sbocco del metró Saint Michel, il getto di un
ordigno da strage in un grande negozio di abbigliamento di Rue de
Rennes...
Fin dalla Belle Époque vivere a Parigi fu sempre
allegramente rognoso. Ti poteva capitare che l’attentato di Vaillant o
di Henri ti esplodessero nelle orecchie, potevi essere vittima di uno
dei colpi ferocissimi della banda Bonnot, potevi essere una delle
numerose vedove sulle quali si posava l’occhio cupido di Landru, e
durante la Grande Guerra ricevere in un quartiere pacifico un gigantesco
obice della premiata Ditta Krupp.
E quando mai fu del tutto
facile vivere, per un Ebreo di Parigi? Alla fine del Decimonono
imperversò l’Affare Dreyfus — che fu la svolta della civiltà europea —
la gloria imperitura di Georges Clemenceau e di Émile Zola. L’Affare si
coniuga in apertura di secolo con i loschi personaggi che trovi nel
Diario di una Cameriera, i demoni antisemiti che suscitava l’Action
Française di Maurras.
Circa l’accanimento specifico contro Parigi
del terrorismo guerrasantista, da simili livelli di nichilismo
etico-culturale se mai può trarsi una spiegazione razionale, farei
centro a colpo sicuro: Parigi è l’Ottantanove, è l’unico messianismo
extrabiblico, i radiosi anni 89-90 della prima Costituzione liberale
dopo l’americana; Parigi è la Carta senza frontiere dei Diritti
dell’Uomo. Carta dall’indicibile potere di suggestione sulle anime
filosofiche e mistiche, come sui predicatori delle gazzette, che stavano
per diventare i padroni mentali del popolo bene o male alfabetizzato.
La
Francia laica dove trovano rifugio e pace l’Islam e l’animismo, gli
Ugonotti, i culti del Pacifico e gli Armeni dell’Anatolia, la Francia
che prova per la prima volta in un tribunale civile (Kravcenko — Lettres
Françaises) il regime criminale di Stalin, accoglie i profughi spagnoli
e dà una tomba ad Antonio Machado e a Largo Caballero; qui, qui è
l’essenza della laicità profonda e implacabile di cui la città Parigi è
tuttora impregnata per suscitare l’odio furibondo che oggi la colpisce.
La
svolta del 1958 annunciata dal Forum di Algeri da un irresistibile
capolavoro linguistico, segnalò a Parigi che grazie a De Gaulle gli
attentati del fronte algerino sarebbero cessati presto.
Nessuno
allora pensava che il Generale avrebbe risolto la questione algerina
lasciando l’Algeria darsi uno statuto di Repubblica indipendente,
cancellando con la sua autorità il sogno di un’Algeria francese
parificata alla madrepatria. A me pare oggi che Jacques Soustelle avesse
mille ragioni per criticare quell’eccesso di autospoliazioni di una
Europa coloniale che ormai per evoluzione dei tempi era ben lontana da
Cuore di Tenebra di Conrad. Se si pensa all’orrore delle predicazioni
assassine della Radio delle Mille Colline in Ruanda, costata lo
sterminio di un milione di esseri umani, o al regime di un pazzo
sanguinario come Bokassa, vien da domandarsi quale bene abbia portato
l’indipendenza elargita alle sue ex colonie africane dall’impero
francofono.
Osiamo dirlo! Parigi si è salvata, la Francia intera è stata quasi invulnerabile finché ha avuto e ha usato il pugno.
Céline
ricordava come nel mondo dopo una pace irrazionale come quella di
Versailles, il prestigio della Francia fosse perfettamente intatto.
Parigi
proteggeva Francia metropolitana e una moltitudine di popoli col pugno e
attirava i nobili spiriti del mondo con le sue grazie uniche.
Aiutate
Parigi a vivere! Come ho fatto io per molti anni, per vendicare
spiritualmente le preziose vittime degli attentati di Parigi, ai Mani di
Baudelaire, poco oltre il cancello del cimitero di Montparnasse,
deponete una rosa.