Repubblica 30.12.15
Bruce Riedel, esperto di terrorismo
“Il Califfo arretra in Iraq ora colpirà fuori confine”
intervista di Anna Lombardi
«E UROPA, Stati Uniti, Nord Africa oggi sono più che mai obiettivi a rischio. Arretrando in Iraq, lo Stato Islamico ha infatti più motivi per tentare una operazione spettacolare fuori dal Medio Oriente. Qualcosa che dimostri che è ancora forte e potente». Bruce Riedel, il direttore dell’Intelligence Project della prestigiosa Brookings Institution pesa bene le parole: «La riconquista di Ramadi è molto importante. Ma sia chiaro che tutto ciò che abbassa il morale dello Stato Islamico, aumenta il rischio di un colpo di coda altrove. È per questo che i servizi segreti hanno innalzato lo stato d’allerta».
Dopo l’attentato sventato ieri a Bruxelles, ci sono altre capitali europee a rischio?
«Quanto l’Is sia determinato a portare il terrore fuori dai suoi confini lo abbiamo purtroppo imparato dagli attentati di Parigi. Gli serve anche per non svilirsi agli occhi dei suoi seguaci, i tanti che costituiscono la linfa delle sue milizie e che partono per combattere fra le sue fila. Detto questo l’attacco può avvenire ovunque, non per forza in Europa» Cosa glielo fa credere?
«Anche se lentamente, la strategia messa in atto contro lo Stato Islamico sta funzionando. Ed è chiaro che lo sanno anche loro, viste le ultime dichiarazioni di Al Baghdadi pochi giorni fa, quando ha chiesto ai suoi uomini di lottare ancor più duramente. Un invito ai combattenti, certo. Ma forse anche un segnale per colpire altrove. Europa, Libia, Stati Uniti, Mali. Chi può dirlo?» Il coordinamento fra stati deciso all’indomani degli attacchi di Parigi sta funzionando?
«Ci vorrà tempo per farlo funzionare davvero, ma stiamo andando nella giusta direzione. Sì, c’è molta più cooperazione a livello militare e fra servizi segreti. Purtroppo in questi ambiti i risultati non vengono a galla subito».
Ma la conquista di Ramadi è un passo ulteriore verso la loro sconfitta?
«È senz’altro un passo molto significativo anche se siamo lontani dalla fine della guerra. Passo decisivo sarà la battaglia per il controllo di Mosul, vera roccaforte dell’Is. Poi, secondo una strategia ormai assodata, lo Stato Islamico potrebbe mollare le aree dove è più debole per proteggere altri luoghi strategici. Certo è importante che a Ramadi si sia intervenuti senza gli sciiti».
Perché?
«Diminuisce il rischio di violenze settarie, fuoco su cui soffia l’Is. Ma le tensioni fra sunniti e sciiti non si esauriscono certo così. Molto dipenderà da come il governo di Al Abadi si comporterà a Ramadi ora. Qui dimostreranno se sanno gestire il rapporto con i sunniti. Agire nel modo giusto, dando ai sunniti moderati l’occasione di governare la città, potrebbe rendere la liberazione di Mosul più semplice. Se al contrario saranno brutali... sarà un disastro ».
L’eventuale sconfitta dell’Is non sarà però la fine del jihadismo e del terrore...
«Purtroppo no. È un problema di vecchia data e lo Stato Islamico ne è solo una parte. Guerra civile, caos e il crollo dell’autorità hanno lasciato campo libero a estremismi in Siria e Iraq ma anche Libia, Yemen, Mali… Purtroppo la soluzione è solo interna all’Islam e agli stessi stati arabi. Non si può trovare certo a Washington, Bruxelles, Roma. Ci vorranno anni, decadi, per risolvere il problema».