mercoledì 30 dicembre 2015

Il Sole 30.12.15
La coalizione internazionale. La vittoria è simbolica, la vera battaglia per la “liberazione” dell’Iraq si combatterà in primavera a Mosul
Ma la riconquista di Ramadi non basta
di Gianandrea Gaiani


La riconquista di Ramadi da parte dell’esercito iracheno coadiuvato da milizie sunnite filo-governative costituisce una vittoria a metà. L’operazione militare, protrattasi per mesi e culminata con cinque settimane di lento avvicinamento delle forze irachene al centro della città, ha permesso di circondare il capoluogo della provincia di al-Anbar ma è stata troppo lenta e ha mostrato maglie troppo larghe nel suo schieramento per consentire di bloccare all’interno del centro urbano il grosso delle forze dello Stato Islamico e annientarle.
L’esercito iracheno ha cacciato i jihadisti dalle postazioni più vicine a Baghdad (distante un centinaio di chilometri da Ramadi) e ha lavato l’onta della figuraccia rimediata nel maggio scorso quando, nonostante la copertura aerea della Coalizione, le truppe di Baghdad fuggirono davanti al massiccio assalto degli uomini del Califfo preceduti da una decina di carri-bomba (veicoli cingolati kamikaze imbottiti di esplosivi) che scardinarono le linee difensive governative.
La riconquista di Ramadi ha quindi un valore simbolico, celebra la rinascita dell’esercito di Baghdad e costituisce un’affermazione importante anche sul piano politico per il premier Haider al-Abadi ma non sembra costituire una vittoria risolutiva neppure nel settore occidentale del fronte iracheno.
Fino a un mese or sono a Baghdad stimavano che oltre 5 mila uomini dello Stato Islamico combattessero sul fronte di Ramadi ma il centro della città è stato difeso da meno di 500 uomini dei quali solo un terzo pare siano stati uccisi o catturati. Gli altri sono riusciti a ritirarsi prima di restare tagliati fuori dalle retrovie, verso Fallujah, altra roccaforte sunnita che dalla caduta di Saddam Hussein costituisce una spina nel fianco per le forze di Baghdad e, negli anni scorsi, per le truppe statunitensi.
Secondo fonti locali il grosso dei miliziani dello Stato Islamico si sarebbe ritirato facendosi scudo dei civili ma in tutta la provincia di al-Anbar il Califfato gode di un ampio supporto popolare che facilitò l’invasione delle truppe di al-Baghdadi che calarono su questa provincia dal confine siriano nel gennaio del 2014 conquistando rapidamente Fallujah e gran parte del territorio fino al confine saudita. Il sospetto è quindi che molti jihadisti si siano mischiati ai civili in attesa di tornare in azione.
Anche per questa ragione Ramadi è presidiata da reparti irregolari delle milizie locali filo governative, limitata componente sunnita delle Forze di Mobilitazione Popolare che dipendono dal Ministero degli Interni e che sono composte in larghissima misura dai miliziani sciti che nell’aprile scorso riconquistarono Tikrit, città sunnita che diede i natali a Saddam Hussein. Quella battaglia, che rappresentò il primo successo delle forze di Baghdad contro lo Stato Islamico, ha molto in comune con quella appena conclusasi a Ramadi. Dei 13 mila jihadisti che la presidiavano solo un migliaio vennero uccisi o catturati mentre gli altri raggiunsero Mosul dove presumibilmente si combatterà la primavera prossima la battaglia decisiva di questa guerra sul fronte iracheno.
La tattica adottata dalle milizie dell’Isis per sfuggire alle manovre d’accerchiamento del nemico ha molti precedenti storici, incluse le operazioni difensive tedesche nella Campagna d’Italia del 1943-45 e soprattutto quelle condotte dall’esercito iracheno per contrastare le offensive iraniane nell’ultima fase della guerra del 1980-88.
Non è un caso che buona parte dei comandanti e dei quadri dei reparti del Califfato provengano dalla Guardia Repubblicana di Saddam Hussein. La capacitò di sottrarsi al combattimento contro forze nemiche preponderanti conferma quindi la superiorità tattica dei combattenti dello Stato Islamico sui loro avversari iracheni.
Le milizie di al-Baghdadi hanno disseminato a Ramadi un numero elevato anche se ancora imprecisato di mine e ordigni improvvisati (a Tikrit ne vennero trovati oltre 6.500) mentre la presenza di uomini dell’Isis ancora operativi trova conferme anche nella salva di razzi (di cui ha riferito la stampa curda) lanciata ieri contro il convoglio del primo ministro al-Abadi giunto in città per celebrare la vittoria e rapidamente evacuato dalla sua scorta.