giovedì 3 dicembre 2015

Repubblica 3.12.15
il terrorismo e l’utopia della riforma delle teste
L’impulso alla santa morte non s’estingue nella guerra al Califfato né pare probabile un disarmo ideologico
Nella terapia dei cervelli l’arte del pensare rende più dei missili
C’è una gabbia dogmatica nel quadro psichico gestito dall’Is
di Franco Cordero


IL QUESITO corrente nelle riflessioni sul terrore islamico è come combatterlo: sistemi preventivi, intelligence, tecnologie sofisticate forniscono uno strumentario difensivo senza rimuovere le cause, né v’incidono misure belliche. Che il rimedio stia nell’acquisire i giovani immigrati ai valori dell’Occidente, instaurando trame sociali accoglienti, è una bella frase col difetto degl’insegnamenti che il professor Pangloss impartiva a Candide: avessimo sotto mano i mezzi d’una riforma delle teste, il problema non esisterebbe; quando vi sia, il progresso avviene nei tempi lunghi della fisica sociale. Niente lascia supporre soluzioni reperibili relativamente presto, come altrove succede (ad esempio, in economia, medicina, urbanistica). Bussano alla porta fenomeni spaventosi, senza precedenti prossimi, ed è buona regola coglierne l’aspetto specifico. A prima vista ne saltano fuori vari. I terroristi vengono da una chiesa, i cui riti praticano: chiesa ossia comunità dei credenti; e cosa credono? un aldilà dove abitano le anime disincarnate. S’interessano al mondo sublunare nella sola misura in cui sia o no ordinato al destino ultraterreno. Nel secondo caso va inesorabilmente colpito. Sono dei nichilisti senza disegni sul futuro terrestre ma non è prospettiva del puro nihil (vi puntava quel pilota Lufthansa inabissatosi nelle Alpi con tutti i passeggeri). Il terrorismo suicida presuppone equazioni economiche: economia dell’altro mondo; l’agonista guadagna incomparabili delizie; è cattivo affare precludersele deviando dalla via al paradiso. Che tale sia la vicenda umana, lo sa da fonti scritte e commenti degli imam e dobbiamo supporlo sicuro, dal modo in cui corre festosamente alla morte. L’interno mentale del cattolico risulta diverso nelle Pensées, dove Pascal raccomanda vita pia anche se il profitto fosse dubbio. Date certezze simili, è presumibile che l’impulso alla santa morte non s’estingua nella guerra al Califfato, anzi divampi, né pare probabile un disarmo ideologico indotto dalla conversione agli svaghi occidentali. L’autoanalisi riserva antipatiche sorprese svelando nella storia europea filoni simili alla rabbia islamica. Cominciamo dalle sventure d’un aragonese nomade, troppo intelligente per chiudersi in gabbie d’ortodossia e così incauto da esibire i pensieri. Era apparso ventenne sulla scena europea, autore d’un libello polemico: De Trinitatis erroribus libri septem, 1531; en passant vi descrive la macchina cardiocircolatoria contro l’opinione comune; l’ha scoperta un secolo prima d’Harvey; e mette il nome sul frontespizio, Michael Servetus. L’anno dopo escono i Dialogorum de Trinitate libri duo. De iustitia regni Christi capitula quatuor. Due libretti ora rarissimi, aborriti in casa cattolica e protestante. Abile medico, geografo, astrologo, vaga tra Renania e Francia, ai ferri corti con l’establishment, finché incappa in Calvino. L’ha provocato pubblicando a spese sue, più cento ducati al tipografo, le 734 pagine della Christianismi restitutio, gennaio 1553. L’implacabile teocrate, qui perfido commediante, lo denuncia all’Inquisitore attraverso un dialogo epistolare artefatto. Arrestato, evade, 7 aprile, puntando dal Delfinato a Napoli. Non sappiamo come capiti a Ginevra, 15 luglio, e perché vi stia quattro settimane, quasi aspettasse gli sbirri. Aveva il rogo nei cromosomi e gliel’accendono venerdì 27 ottobre.
Calvino lascia un racconto stomachevole dell’evento e «confuta» l’aragonese, spiegando perché dobbiamo liquidare ogni eretico: lasciandolo vivo, ammetteremmo dubbi sulla parola divina; così cadono i fondamenti della fede. L’élite protestante applaude. Melantone, mite luterano umanista, loda i giustizieri: era iudicium Dei; Gesù Cristo vi assisteva e premierà chi ha vinto; grazie a nome della Chiesa presente e futura. Martin Butzer formula l’idea in lingua meno fiorita, lamentando che non gli abbiano strappato le budella. Benedict Carpzov, nato cinquantadue anni dopo, è un penalista sassone coltissimo, evoluto, ragionatore equanime: ebbene, lo ritiene giustamente condannato a morte, perché negava la Trinità; discorsi simili infestano coelum ac terram; però sarebbe bastato decapitarlo. Non va meglio in casa cattolica. Sotto Natale 1598 muore come Serveto un vecchio, benvoluto, innocuo mugnaio friulano, colpevole d’avere «cervelo sutil»: l’inquisitore locale chiudeva gli occhi ma l’Eminentissimo Giulio Antonio Santori, mancato papa nel conclave 1592, non tollera omissioni pietatis causa e il povero Menochio va in fumo. A Roma pendeva torpido l’affare Giordano Bruno, ex domenicano: finirà al rogo giovedì mattina 17 febbraio 1600, col morso perché aveva in gola «bruttissime parole». Anno Domini 1942 fonti ufficiali confermano che fosse condanna legittima, lanciando insulti al defunto, importante filosofo.
Cose simili avvengono in una patologia dell’intelletto detta “dogma”. A parte le tautologie (infallibili ma non dicono niente: ad esempio, «piove o non piove»), l’enunciato è vero o falso, tale risultando dalle prove. Qui non richiede prova né ammette dubbi: vincola i locutori; e siccome sottintende un sopruso logico, gl’interessati lo impongono in qualche modo; donde scuole bigotte, censure, anatemi, spie, polizie segrete, griglie selettive, autodafè. Che poi i roghi calvinisti portino progresso, diversamente dagli spagnoli, è dialettica cortigiana nella linea d’onniscienti Politburo ( senza le purghe staliniane, dicono costoro, l’URSS sarebbe caduta nelle fauci d’Hitler); e sanno d’imperdonabile gaffe le lodi all’Inquisizione, « veramente santa», quale forma storica d’una salutare pressione sui «manipolatori d’errori» (Benedetto Croce). Insomma, l’istruito al terrorismo nichilista diventa acquisibile alla vita civile dal momento in cui gli vengano dubbi sul paradiso. Nella terapia dei cervelli l’arte del pensare rende più dei missili. C’è una gabbia dogmatica nel quadro psichico gestito dal Califfo. Affare terribilmente serio e conviene averne chiari i termini.