domenica 20 dicembre 2015

Repubblica 20.12.15
I silenzi di Consob sui bond di Etruria
Arezzo, la procura indaga sul via libera dell’Authority alla vendita delle obbligazioni ai piccoli risparmiatori Bankitalia le aveva approvate per gli investitori istituzionali. E nel prospetto si parlava dell’allarme dissesto
di Fabio Tonacci


AREZZO La Consob sapeva. L’Authority di vigilanza del mercato borsistico guidata da Giuseppe Vegas era a conoscenza della scarsa qualità del prodotto che Banca Etruria stava mettendo sul mercato, in quell’aprile 2013: 110 milioni di euro di obbligazioni subordinate con fattori di rischio elevatissimi. Soprattutto, sapeva a chi la Popolare aveva intenzione di vendere i titoli, nell’ultima, disperata, manovra per mettere a posto i conti: ai clienti della stessa Banca Etruria. Non agli investitori cosiddetti “istituzionali”, cioè gli altri istituti bancari, i fondi di investimento, le finanziarie, come la prudenza avrebbe suggerito. Banca Etruria chiedeva a Consob di poterli vendere ai normali cittadini, meglio se già clienti. E la Consob autorizzò.
I TITOLI TOSSICI
Al vaglio della procura di Arezzo, che ha appena aperto un indagine per truffa sull’intera filiera dell’emissione di obbligazioni subordinate, c’è un documento di interesse investigativo. Si tratta del prospetto di base che Banca Etruria depositò il 22 aprile 2013 presso la Consob, approvato in pieno dalla stessa authority appena quattro giorni prima, con nota n°13032868. È grazie a quel documento che direttori di filiali e funzionari del gruppo toscano cominciarono a proporre ai loro clienti i titoli ad alto rischio. Sono 138 pagine che hanno una storia.
La decisione di ricorrere in modo massiccio ai titoli ad alto rischio e rendimento (il 5-6 per cento per chi li acquistava) viene presa dal cda di Banca Etruria (presidente Giuseppe Fornasari, direttore generale Luca Bronchi) all’inizio del 2013. Negli stessi mesi nella sede della Popolare ci sono gli ispettori inviati da Banca d’Italia a scandagliare conti, bilanci, uffici del credito. L’Etruria, già allora, non naviga in buone acque. Ha chiuso il 2012 con 260 milioni di euro di perdita e sul tavolo del cda è da poco arrivata la prima lettera di “richiamo” del governatore Bankitalia Ignazio Visco. Il lavoro degli ispettori, poi, sta portando a galla la malagestione del management e la crisi cui sta andando incontro l’Etruria. Nonostante ciò, il collegio di Fornasari chiede di mettere sul mercato 110 milioni di subordinate. Banca d’Italia, il primo soggetto a vagliare la richiesta, approva.
Una fonte di Repubblica interna all’istituto e che ha potuto leggere il carteggio, racconta: «La Banca d’Italia approvò l’emissione, ma nella lettera scrisse che erano titoli adatti agli investitori istituzionali. Non so, però, se fosse una dicitura standard o un consiglio specifico per quel pacchetto di bond».
“VENDIAMOLI A TUTTI”
Nel prospetto firmato dall’allora direttore generale di allora Luca Bronchi (indagato per false fatture e di recente finito nella bufera per la sua buonuscita di circa un milione di euro, segnalata anche nelle ispezioni), si legge espressamente di fattori di rischio «connessi ai procedimenti giudiziari e alle risultanze dell’ispezione di Banca d’Italia». Scrivono: «A far data dal 4 dicembre 2012, l’Emittente è sottoposto ad accertamento ispettivo anche con riferimento alla valutazione della qualità del credito, ad esito della quale l’Emittente dovrà effettuare specifiche attività a ulteriore presidio della copertura del rischio di credito». Nonostante ciò, l’intenzione è di fare una vendita popolare.
L’AUTORIZZAZIONE-LAMPO
La Consob riceve il prospetto e lo autorizza in breve tempo. Sapeva l’Authority ciò che stava succedendo all’interno della banca che quelle obbligazioni stava emettendo? Tutte le evidenze lo lasciano supporre. La seconda lettera che Visco inviò agli amministratori di Banca Etruria, quella che è stata secretata e nella quale il governatore parla di “degrado irreversibile”, fu spedita tre giorni dopo anche alla Consob. A dimostrarlo è la consulenza tecnica chiesta dal procuratore di Arezzo Roberto Rossi nel febbraio 2014 a Giuseppe Scattone, ex ispettore vigilante di Bankitalia. È un documento che si trova nel fascicolo di indagine sull’ostacolo alla vigilanza e false fatturazioni, vicino alla fase del rinvio a giudizio. Sostiene Scattone: «Alla fine dell’ispezione (iniziata nel 2012 e finita a settembre 2013, ndr) Banca d’Italia inviava a Banca Etruria una lettera, recante la data del 3 dicembre 2013, contenente un severo richiamo ai responsabili della gestione sulla difficile situazione aziendale venutasi a determinare a causa della insufficiente azione di risanamento da tempo sollecitata dalla Vigilanza. Con altra lettera del 6 dicembre 2013 Banca d’Italia informava Consob delle iniziative assunte dalla Vigilanza dopo gli accertamenti ispettivi».
Uno scambio di informazioni tra Bankitalia e Consob che avveniva mentre le obbligazioni subordinate continuavano ad essere piazzate da Banca Etruria senza battere ciglio. Centinaia di famiglie investivano i risparmi in titoli che sarebbero diventati carta straccia. E la cui vendita nessuno riuscì a bloccare.