domenica 20 dicembre 2015

Repubblica 20.12.15
Addio a Kurt Masur fece della musica uno strumento di pace
di Angelo Folletto


MORTO all’età di 88 anni a Greenwich nel Connecticut - ma dal 2012 aveva smesso di esibirsi in pubblico a seguito dell’aggravarsi del Parkinson - Kurt Masur era uno degli ultimi musicisti tedeschi orgogliosi di appartenere alla generazione degli interpreti “storici”, epigoni della somma tradizione ottocentesca. Direttore musicale delle più famose orchestre della DDR nel Dopoguerra, poi “restauratore” del profilo sinfonico della Filarmonica di New York dal 1991 al 2002, Masur fu stimato rappresentante della nobile casata dei maestri e “guardiani della musica”, in particolare nel grande repertorio austro-tedesco.
Cresciuto nella pratica dei piccoli teatri, delle orchestre di provincia, del repertorio ampio che andava da Bach alle operette viennesi e boeme, Masur era nato il 18 luglio 1927 a Brieg (ora Brzeg in Polonia), dove iniziò gli studi poi completati a Lipsia col diploma in pianoforte, composizione e direzione d’orchestra. Fisicamente imponente, dirigeva senza bacchetta, con gesti bruschi ma ammorbiditi da braccia lunghissime e movenze danzanti. Non era sempre bello da vedere ma al “peso” degli affondi con le mani corrispondeva un suono netto e profondo – indimenticabile l’attacco con gli accordi tragici dell’ouverture da Egmont con la Filarmonica di Dresda – che ha segnato la fisionomia sonora delle orchestre di cui è stato a capo. Quasi dieci anni, seppure non continuativamente negli anni Sessanta a Dresda, e dal ‘70 al ‘96 al Gewandhausorchester di Lipsia, predecessore di Herbert Blomstedt. Con lui l’orchestra tornò nei circuiti internazionali e a quelli discografici di primo piano lasciando testimonianze importanti soprattutto in Beethoven, Brahms, Mendelssohn, Schumann. Il Gewandhaus divenne il complesso che per primo seppe interpretare il nuovo corso della Germania. Dopo aver svolto il ruolo di portabandiera della DDR (nell’82 il Premio nazionale come artista emerito), Masur usò il carisma politico per frenare manifestazioni di piazza, per opporsi fermamente al regime e quindi per associare la storica orchestra alle prime manifestazioni d’arte a favore della riunificazione. Dimostrando ancora una volta fiducia incrollabile nella forza morale e civile, alta e intangibile della grande musica europea.
Fu accolta con scetticismo la nomina a New York: il suo iter professionale, quasi esclusivamente al di là della Cortina di Ferro, non aveva lo smalto mediatico preteso dagli abbonati newyorkesi. Ma nel giro di pochi mesi conquistò orchestra e città. Oggi non suona strano leggere che la notizia della morte sia stata data “con estrema tristezza” da Matthew Van Besien, presidente della Filarmonica. Forse perché molti americani hanno ancora gli occhi lucidi ricordando la toccante e austera esecuzione del Deutsches Requiem di Brahms che Masur volle dirigere e dedicare a New York e alle sue vittime, il 20 settembre 2001.