martedì 1 dicembre 2015

Repubblica 1.12.15
Consulta, rischio paralisi Grasso e Boldrini pronti ad andare al Quirinale
Probabile la 29sima fumata nera. La sinistra pd contro l’indagato Pitruzzella. Il M5S accusa: lottizzano la Corte
Una parte della minoranza dem vorrebbe sostenere Modugno, proposto dai 5Stelle, per segnalare che serve un cambio di schema
di Liana Milella


ROMA Boldrini e Grasso si apprestano, se la fumata per la Consulta sarà ancora nera, a rivolgersi a Mattarella. I candidati alla Corte aspettano. Augusto Barbera, il costituzionalista messo in campo dal Pd, risponde al telefono tranquillo: «Questa candidatura non l’ho cercata, ma quando me l’hanno offerta non ho potuto che dire sì... Adesso sono sereno e attendo». Francesco Paolo Sisto, il deputato e avvocato barese espresso da Forza Italia, al cellulare non risponde proprio. Giovanni Pitruzzella invece risponde, ma per dire che è impegnato in una lunga audizione da presidente dell’Antitrust. Ore ed ore. Con i suoi dice che la corsa per la Consulta gli è stata proposta, non si è proposto lui, che ai suoi danni sarebbe in atto «un complotto» per escluderlo (parla dell’inchiesta di Catania che lo vede indagato, ovviamente), ma ciononostante attende il voto di oggi, senza fare quel passo indietro che pure la sinistra Dem, che non lo voterà, gli suggerirebbe perché, dicono gli esponenti di quell’area come Doris Lo Moro, alla Consulta «non si può mandare chi ha su di sé ombre anche incolpevoli».
Oggi alle 13 si rivota per i tre giudici. Seduta numero 29, ben 550 giorni di attesa, giudici costituzionali ridotti da 15 a 12, lavori a rischio perché sotto 11 non si può andare e basterebbe un raffreddore per bloccare il giudice delle leggi. Quasi nessuno scommette sul buon esito della seduta, tranne Ettore Rosato, il capogruppo del Pd alla Camera. Lui è l’unico ottimista, lo è da giorni. «Vedrete che ce le faremo» ripete. Rosato e il presidente dei senatori Pd Luigi Zanda confermano la terna, Barbera e Pitruzzella per la maggioranza, Sisto in quota opposizione. Con i rispettivi gruppi parleranno solo oggi, per la notifica dei nomi. Un fatto «inaccettabile », dice il bersaniano Miguel Gotor, «perché in una situazione così difficile bisognerebbe discutere e approfondire le ragioni di certe scelte, soprattutto quella di volersi prendere due giudici come maggioranza, anziché lasciarne uno a M5S». Felice Casson contesta soprattutto il metodo: «Ormai siamo ai candidati imposti dall’alto, all’ultimo momento, una notifica più che un’indicazione di voto». Il gruppo degli alfaniani fa quadrato su Pitruzzella, a cominciare da Renato Schifani che lo ha proposto e che da sempre gli è amico. Dal Pd nessun contatto con M5S, anche se da alcuni esponenti della sinistra dem viene l’idea di votare per Franco Modugno, il costituzionalista loro candidato, per supportare la necessità di un’apertura ai grillini che, nell’autunno 2014, ha portato all’elezione del giudice Silvana Sciarra. Il pentastellato Danilo Toninelli, su Fb, parla «del silenzio di Renzi sui tre nomi frutto dell’inciucio Pd-Fi, che sembra estendersi anche alla Lega, in uno scandaloso mercimonio di voti in cambio di poltrone e favori». Giura che dal Pd non è giunto alcun nuovo segnale.
Fumata nera dunque. Una prospettiva che già ieri ha fatto riflettere i presidenti della Camera e del Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso. Come andare avanti dopo un nuovo flop? L’idea, se non sarà eletto neppure Barbera, che sembra il più quotato, è quella di rivolgersi subito al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che aveva già fatto un appello alle Camere, finora caduto nel vuoto. Giusto Mattarella è uno dei giudici da sostituire, perché a gennaio ha lasciato la Corte per il Colle.
Proprio da Mattarella può arrivare il segnale determinante per chiudere la partita della Corte, quel “non possiamo più attendere” che autorizza i presidenti di Camera e Senato a convocare le sedute a oltranza. I Radicali, fedeli alla linea di Marco Pannella e ai suoi famosi scioperi della fame e della sete proprio per nominare i giudici, le richiedono. Grasso le ha minacciate. I gruppi nicchiano, si coprono dietro il voto sulla legge di stabilità. Resta sempre il varco «tra Natale e la Befana» come dice Grasso.