sabato 19 dicembre 2015

Repubblica 19.12.15
Le risposte che mancano
di Stefano Folli


IERI alla Camera c’era solo un fatto certo: la mozione individuale dei Cinquestelle contro Maria Elena Boschi era destinata a una sonora sconfitta. E così è accaduto.
NELL’INDIFFERENZA generale, attraverso la forza perentoria dei numeri.
La vera questione, quella su cui si è accesa un po’ di passione, tra fischi, ululati e i soliti insulti, era un’altra: come si sarebbe comportata nel giorno del giudizio la ministra delle Riforme, quale tono e quali argomenti avrebbe adottato? E soprattutto: avrebbe retto allo stress?
Sotto questo aspetto, la giovane aretina non ha deluso i suoi sostenitori e forse ha convinto qualcuno dei suoi critici (non tutti, beninteso). Ha fatto un discorso abile, mescolando ragione e sentimento. Un discorso costruito con cura per non inciampare nelle contraddizioni del pasticcio bancario. In passato la Boschi aveva già dimostrato una capacità meticolosa di approfondire un tema, sviscerarlo e impadronirsene quanto basta: vedi la matassa della riforma del Senato. Ha applicato la stessa ricetta alla faccenda Banca Etruria, un terreno assai più scivoloso e infido delle scaramucce con la minoranza del Pd sul modo di eleggere i nuovi senatori.
Ovviamente ieri la ministra non ha parlato ai membri della Camera. Né lo ha fatto il suo nemico di giornata, il grillino Di Battista, portavoce della mozione di sfiducia.
Ognuno ha parlato all’Italia televisiva, ossia all’opinione pubblica. Sempre più spesso il Parlamento, in occasioni come questa in cui l’esito è scontato, diventa il semplice palcoscenico dove si muovono personaggi che dialogano con il mondo esterno. Come è quasi la regola, la parte più difficile spettava alla rappresentante del governo, chiamata a reggere il suo ruolo nell’ultima versione dell’eterno scontro fra la politica — con le sue zone d’ombra e i suoi perenni compromessi — e l’antipolitica sempre alla ricerca di una conferma della propria purezza.
Nulla è stato lasciato al caso, persino l’abbigliamento. Da un lato il vestito scuro, sobrio e quaresimale, della ministra; dall’altro l’abito sportivo, ben modellato, e la barba lunga di Di Battista. Ognuno ha svolto il suo compito, ma si può dire che la Boschi è uscita dall’aula meglio di come era entrata. E non solo per i numeri confortevoli del voto finale. Il fatto è che la ministra ha dimostrato una volta di più di possedere una certa tempra è una notevole freddezza, confermate dal fatto che non ha nemmeno avuto bisogno di leggere il testo del suo intervento.
In conclusione, il governo ha segnato un punto a suo vantaggio. Se la politica attuale è soprattutto comunicazione, la Boschi ha saputo destreggiarsi fra gli ostacoli con efficacia non minore di Di Battista. La parola ultima spetta ai teleutenti. Ma dopo la nomina di Cantone, fatta per colpire il pubblico e recuperare consenso, l’assolo della ministra è un altro colpo andato a segno per Palazzo Chigi. S’intende che ora occorre attendere gli eventi. Dipende soprattutto dall’inchiesta della magistratura se la questione bancaria è destinata a rientrare oppure no. Ma da oggi in poi il tema non è più il conflitto d’interessi di Maria Elena Boschi, bensì le responsabilità del governo nella sua collegialità e degli organi di vigilanza.
Nel suo intervento in aula Bruno Tabacci, che pure fa parte della maggioranza, ha richiamato la “superficialità” di chi ha varato il decreto sulle banche popolari includendovi l’istituto di Arezzo che appena diciotto giorni dopo sarebbe stato commissariato: come è possibile che il dissesto fosse ignoto al ministero dell’Economia? E come è possibile che la Consob non sia intervenuta pur notando la “stranezza” delle fluttuazioni in Borsa dei titoli? Sono quesiti ancora senza risposta. Ma è chiaro che la nomina di Cantone, nelle intenzioni di Renzi, serve anche a trasmettere un segnale di forte sfiducia verso la Banca d’Italia e la stessa Consob. Come pure l’attacco senza mezzi termini mosso dal presidente del Consiglio alla Germania e alla Merkel, proprio sulla gestione del sistema bancario, è un modo astuto per spostare l’attenzione.